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Gli oppiacei: Diritto Penale, uso medico ed abuso tossico-voluttuario

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Gli oppiacei: Diritto Penale, uso medico ed abuso tossico-voluttuario

 

Eroina e Diritto Penale

L'eroina deriva, sotto il profilo chimico, dalla morfina, alcaloide principale dell'oppio, unitamente a tebaina e codeina. Tecnicamente, è denominata pure diacetilmorfina o diamorfina ed è stata sintetizzata, per la prima volta, nel 1874 da Alder Wright. Tuttavia, solamente nel 1897, Felix Hoffmann, chimico della Bayer, scoprì i potenziali usi farmacologici della diacetilmorfina, denominata eroina ed impiegata come un analgesico più potente della morfina.

Esistono varie tipologia di eroina, differenziate per qualità, grado di purezza e modalità di taglio. La variante più comune e, di solito, più pura è l'eroina bianca, ma esistono pure l'eroina-base (brown sugar), l'eroina black tar e la Kobret. In generale, si consideri che raramente un pusher venderà eroina con un grado elevato di purezza, poiché il taglio con altre sostanze diminuisce il tenore drogante, ma aumenta il volume, dunque il numero delle dosi.

L'eroina non modificata non possiede impieghi terapeutici ed è utilizzata per fini tossico-voluttuari. Essa è liposolubile e supera assai velocemente la barriera ematoencefalica. Gli effetti sono percepibili in meno di 60 secondi e consistono, prevalentemente, in un'intensa euforia, cui segue sedazione congiunta a rilassamento. I sintomi di benessere terminano 3/5 ore dopo l'assunzione. La dipendenza psicofisica, dunque il “ci sono dentro”, si manifesta ben presto e l'astinenza si accompagna ad un'abnorme nonché pericolosa aggressività etero-lesiva. Nei primi Anni del Novecento, si tentò un uso sedativo ed analgesico dell'eroina, ma gli effetti collaterali erano eccessivi.

L'eroina bianca è, dal punto di vista chimico, un cloridrato di diacetilmorfina, con una purezza di circa il 90 %. Invece, la brown sugar è un derivato semi-sintetico dell'oppio, con una purezza pari solo al 20/50 %. La black tar (catrame nero) è stata composta negli Anni Ottanta del Novecento e si presenta non in polvere, bensì come una massa nerastra appiccicosa con una scarsa purezza (25/30 %). La black tar, di solito, è consumata per via endovenosa. La variante Kobret (detta, in italiano, “stagna”) viene scaldata e fusa su un foglio di alluminio e successivamente è inalata. La Kobret è pura soltanto per il 3 % circa e viene denominata in tal modo perché provoca il medesimo senso di eccitamento ed onnipotenza del morso di un cobra.

Sotto il profilo strettamente giuridico, l'eroina venne vietata, in Italia, sin dalla Normazione del 1923 in tema di stupefacenti. Anche nella successiva L. 1041/1954, la tabella unica dell'epoca proibiva lo spaccio di “eroina o diacetilmorfina cloridrato e sue preparazioni contenenti più dello 0,10 % di eroina”. Nel 1975, con la distinzione tra droghe “leggere” e “pesanti”, l'eroina venne inserita nella Tabella I, contemplante le sostanze “dure”, Del pari, la L. 162/1990vietò la diacetilmorfina e fissò la dose media giornaliera a 0,10 grammi.

Nel 2006, tornò in vigore la Tabella unica e la dose giornaliera venne fissata a 25 mg di principio attivo. Nel Lavori Preparatori, la suddetta QMD era qualificata come “la [ordinaria] scorta di un tossicomane mediamente per 10 assunzioni”. Per conseguenza, la quantità massima detenibile (QMD) di eroina fu fissata in 250 mg, purché il grado di purezza non superasse il 15 %. Dopo l'abrogazione della Legge Fini-Giovanardi, la L. 79/2014 proseguì nell'incasellare l'eroina tra le sostanze “pesanti”, ovverosia nella Tabella I, che vietava la raffinazione ed il commercio della diacetilmorfina e della diamorfina. Attualmente, sotto il riguardo criminologico, sta tornando l'allarme sociale relativo all'oppio, che oggi è poco costoso e che risulta più abbordabile della cocaina. Tuttavia, l'odierna eroinomania è ormai lontana dagli scenari catastrofici degli Anni Ottanta del Novecento.

Nella Giurisprudenza di legittimità, ha cagionato notevoli problemi l'oppiaceo denominato 6-MAM (6-monoacetilmorfina). La 6-MAM è un metabolita attivo dell'eroina con un'emivita ed un uncinamento estremamente potenti. E' difficile da sintetizzare, ma presenta effetti devastanti, dal punto di vista medico-tossicologico. Purtroppo, il pigro e distratto Legislatore italiano non ha inserito la 6-MAM nelle Tabelle, né nel 1990 né nel 2006, provocando la cune poi risolte, come sempre, dall'interpretazione giurisprudenziale della Suprema Corte. Secondo Cass., sez. pen. , 13 gennaio 2011, n. 7965, “nella detenzione per spaccio [del 6-MAM] è configurabile il reato [di cui all'Art. 73 TU 309/90], considerando che tale sostanza è assimilabile all'eroina, in quanto produce gli stessi effetti di questa, anche se non è [esplicitamente] inclusa nelle Tabelle ministeriali”. All'opposto, sempre nella Giurisprudenza della Cassazione, Cass., sez. pen., 13 gennaio 2011, n. 7974 reputa che il 6-MAM non rientra nel campo precettivo dell'Art. 73 TU 309/90, in tanto in quanto formalmente escluso dalle Tabelle. Provvidenzialmente, tuttavia, ha prevalso Cass., sez. pen., 1 aprile 2011, n. 14431, a parere della quale “all'esito di un approfondimento scientifico e giuridico, [si può affermare che] la sostanza 6-MAM, in quanto mono-estere della morfina, è iscrivibile [a livello pratico, ndr] nella Tabella I allegata al TU 309/90, sicché presenta natura stupefacente, per cui la detenzione [ex Art. 73 TU 309/90] di tale sostanza costituisce reato”.

Come si può notare, in Cass., sez. pen., 1 aprile 2011, n. 14431, il criterio sostanziale prevale sul criterio formale, pur se rimane a-tipico ed improprio che la Giurisprudenza debba costantemente riparare alle lacune de jure condito, con Sentenze “creative” che avvicinano il TU 309/90 al sistema della Common Law. In ogni caso, l'equiparazione della 6-MAM all'eroina “tradizionale” è stata condivisa pure da molti altri Precedenti, tra cui Cass., sez. pen. III, 9 maggio 2012, n. 19646. Dopodiché, finalmente, il DM 11 giugno 2012 ha aggiornato la Tabella I, con l'inserimento della 6-MAM tra gli oppiacei illegali e privi di un potenziale uso terapeutico. Parimenti, la L. 21/03/2014 ha confermato l'introduzione della 6-MAM nella Tabella 1 sez. B. Inoltre, secondo Cass., sez. pen. IV, 12 settembre 2017, n. 45838, la retroattività di Consulta 32/2014 non tange l'illegalità della 6-MAM nemmeno per il periodo tra il 2006 ed il 21/03/2014. Dunque, di nuovo, prevale la sostanzialità sulla mera formalità, ciò nonostante il ginepraio precettivo instaurato dalla caotica Sentenza di Corte Costituzionale 32/2014. Ovverosia, la 6-MAM era ed è un oppioide “duro” a prescindere dal mancato aggiornamento ufficiale delle Tabelle.

 

La pericolosità acuta dell'eroina

Pochi minuti dopo l'iniezione per via endovenosa, l'eroina produce il c.d. “flash”, ovverosia un'intensa sensazione di benessere e di rilassamento. Tuttavia, ben presto si genera una dipendenza psico-fisica ed il tossicomane è quindi costretto ad aumentare i grammi consumati al fine di rinnovare e mantenere la sensazione di piacere. In buona sostanza, gli oppiacei cagionano un uncinamento enorme, che spinge l'assuntore ad aumentare sempre più la dose giornaliera. Nel lungo periodo, la dipendenza dall'oppio incide sulla capacità mentale d'intendere e di volere; anzi, l'eroinomania cronica causa la perdita totale della capacità di auto-determinarsi. Siffatta demenza indotta si accompagna, inoltre, a danni fisici. P.e., lo scambio di siringhe provoca infezioni, senza contare, poi, il rischio di contrarre polmoniti e di veder ridotta la sostanza bianca dell'encefalo.

Qualora la donna in gravidanza prosegua nel fare uso di eroina, ciò conduce al parto prematuro, all'interruzione spontanea della gravidanza ed all'aumento del rischio di mortalità infantile. In effetti, non bisogna dimenticare che gli oppiacei oltrepassano facilmente la barriera placentare, con tutte le conseguenze negative del caso, tra cui la tossicodipendenza del neonato. Purtroppo, l'eroina è pure responsabile di overdoses mortali. Nel 1996, in territorio italiano, si raggiunse il record negativo di 1566 decessi per sovra-dosaggio, mentre, dal 1997 al 2016, è fortunatamente calata la cifra delle overdoses, sino a giungere a solo 374 morti nel 2019. Nel 2018 le iniezioni letali di eroina sono state 334, in Italia, per scendere a 294 nel 2017. Nel 2020, le mori da sovra-dosaggio di oppiacei sono state 308, ma necessita mettere in rilievo che, negli Anni Duemila, le overdoses hanno interessato soprattutto eroinomani ultra-40enni uncinati sin dagli Anni Ottanta del Novecento.

Nell'Unione Europea, nel 2018, i decessi per eroina sono stati 8799. L'Italia si colloca al 18° posto in fatto di overdoses. Tuttavia, l'Europa reca dati tutto sommato positivi, se si pensa che nel 2017, negli USA, l'eroina ha cagionato ben 70.237 decessi, con un tasso di mortalità di 217 deceduti ogni milione di abitanti. Dunque, l'UE manifesta un tasso di overdose 10 volte inferiore a quello degli USA. Del pari, in Italia, si muore 30 volte meno, per eroina, che negli States. Ovverosia, l'eroina, in territorio italiano, uccide di meno che nel resto del Paesi occidentali industrializzati

Negli Anni Duemila, è sceso il prezzo dell'oppio e ciò ha fatto preferire a molti adolescenti l'eroina piuttosto che la più costosa cocaina. Molti giovani tra i 14-15 anni d'età inalano gli oppiacei, anziché iniettarli, questo nell'illusione di abbassare il livello dell'uncinamento. Per quanto afferisce al Veneto, nel 2012, l' 80 % dei Procedimenti Penali ex TU 309/90 ineriva la cocaina, mentre, a partire dal 2016, il 40 % dei processi ha ad oggetto l'eroina, un altro 40 % circa la cocaina ed il restante 20 % circa attiene alla cannabis, la quale è assai diffusa, ma meno sanzionata dalla PG, che preferisce concentrarsi sulle sostanze “dure”. Sempre in Veneto, la Corte d'Appello di Venezia ha registrato che l'eroina spacciata negli Anni Duemila possiede un tenore drogante relativamente basso, mentre la cocaina commerciata in epoca odierna raggiunge un grado maggiore di purezza, in tanto in quanto viene tagliata di meno. Più nel dettaglio, in tutta Italia, l'eroina ha un grado medio di purezza dell' 11,8 % circa, la cocaina del 43/44 % e la canapa del 9 % circa. Un oppio con un tenore drogante così basso è ideale per essere inalato, anziché iniettato in vena. Nuovamente, come si nota, è ormai diffuso il falso mito di un'eroina meno uncinante se sniffata calda e non assunta per via endovenosa.

 

Gli oppiacei sintetici

L'eroina è, per antonomasia, una sostanza sintetizzabile, anzi essa stessa è frutto di un processo di sintesi. Basti pensare che, specialmente sul mercato nero, nel 2009, circolavano più di 50 oppiacei sintetici. L'oppioide sintetizzato per eccellenza è il metadone, creato in Germania nel 1937 e noto con i nomi commerciali di Polamidon, Eptadone e Dolophine. Come storicamente notato da Cass., sez. pen. I, 7 ottobre 2004, n. 41416, il metadone è l'analgesico sostitutivo maggiormente utilizzato ai fini della disintossicazione da eroina, anche se la medesima Cass., sez. pen. I, 7 ottobre 2004, n. 41416 precisa, giustamente, l'inutilità della terapia metadonica “senza un contemporaneo sforzo di recupero sociale […] del tossicodipendente. In ogni caso, la terapia a base di metadone va congiunta ad un'abbondante compliance di farmaci psicotropi, tra cui la buprenorfina. L'oppioide sintetico qui in parole è, in sostanza, un narcotico che frena, a livello cerebrale, lo stimolo del dolore durante la crisi d'astinenza.

Da menzionare, doverosamente, è il fentanyl, potente antidolorifico legalmente impiegato in oncologia e per curare dolori cronici. Esso risulta 100 volte più potente della morfina, anche se assunto in dosi minimali. Come evidenziato da Cass., sez. pen. VI, n. 37522 del 2021, “l'utilizzo legale [del fentanyl] come antidolorifico fornisce la possibilità di ricette mediche abusive, destinate ad un uso non terapeutico, come avviene per il metadone”. Nella pratica quotidiana, del resto, gli oppiacei sintetici sono congiunti alla consumazione di bevande alcoliche, al fine di aumentare lo “stordimento” durante le crisi d'astinenza da eroina. La potenzialità auto-lesiva del fentanyl è rimarcata pure da Corte Assise Massa, 27/07/2020. Similmente, Cass., sez. pen. IV, n. 4906 del 2020, preceduta, nella ratio, dal DM 12 ottobre 2018 (Ministero della salute), evidenzia che “vi sono altre sostanze analoghe, disponibili sul mercato illegale ed utilizzate in sostituzione dell'eroina, con conseguenze che possono essere mortali, sintetizzate per aggirare il divieto internazionale sulla molecola del fentanyl. Questo crea motivo di allarme socio-sanitario, poiché alcuni derivati possiedono una potenza notevolmente superiore alla molecola originale, e gli utilizzatori, che non sanno esattamente cosa stanno assumendo, possono essere soggetti facilmente a depressione respiratoria per l'elevata potenza sui recettori oppiacei.

Degno di nota è l'ocfentanil, sintetizzato negli Anni Novanta del Novecento, nella vana speranza di creare una molecola meno pericolosa del fentanyl. Attualmente, l'ocfentanil è stato abbandonato dalla Medicina, ma si è egualmente diffuso a livello del mercato nero delle droghe.

Un altro fentanile semi-illecito è il carfentanil, sintetizzato nel 1976, più potente 18.000 volte della morfina e 10.000 volte del fentanyl-base. Trattasi dell'oppiaceo più potente noto in epoca odierna. Nel Regno Unito, il carfentanil, congiunto all'eroina, è stato responsabile di migliaia di overdoses mortali e quasi tutti i Sistemi sanitari hanno escluso detto fentanile dalle loro farmacopee. Per quanto afferisce al TU 309/90, in Italia, il carfentanil è stato inserito nella Tabella I con DM 12 ottobre 2018 del Ministero della salute. Anzi, nei Lavori Preparatori del DM 30 giugno 2020, in vigore dal 28 luglio 2020, si afferma che “i fentanili, se usati in modo improprio o illegale, sono molto pericolosi […]. Piccole quantità possono causare intossicazioni potenzialmente letali”. Malaugurevolmente, il fentanyl continua ad essere commercializzato per uso veterinario, il che apre le porte al mercato nero.

 

L'uso medico degli oppioidi

Essenzialmente, si può affermare che i farmaci derivati dall'oppio sono analgesici utilizzati nella terapia del dolore; un altro conto è il loro abuso per fini tossico-maniacali. Gli antidolorifici oppiacei maggiormente impiegati in Medicina sono, soprattutto in oncologia, la morfina, la codeina, il tramadolo, il tapentadolo, l'ossicodone, l'idrocodone, il fentanyl, l'ossimorfone, l'idromorfone e la buprenorfina; quest'ultima sta sostituendo il metadone nella disintossicazione “a scalare” dall'eroina. Agli inizi del Novecento, anche l'eroina era somministrata a titolo di farmaco analgesico, ma presenta effetti collaterali abnormi. Nell'organismo umano, esistono recettori che legano gli oppioidi esterni a quelli endogeni, come le encefaline e le endorfine. Il cervello ha recettori “m” nella terminazione periferica, nella membrana pre-sinaptica e nella terminazione post-sinaptica. La fibra sensitiva termina a livello delle corna dorsali del midollo. Le vie dolorifiche, poi, ascendono e contraggono sinapsi a livello del bulbo-ponte e a livello talamico, dove il dolore viene rilevato, permettendo una risposta riflessa/ancestrale (risposta attacco/fuga). Dal talamo, una via raggiunge la corteccia, dove avviene l'elaborazione cosciente (con sviluppo della coscienza e della memoria del dolore). Lungo queste vie sono presenti recettori degli oppioidi che hanno il fine di modulare la stimolazione dolorifica. In buona sostanza, gli effetti-base dei farmaci oppiacei sono: analgesia, sedazione, inibizione della respirazione, rallentamento del transito gastro-intestinale, modulazione del rilascio di ormoni e neurotrasmettitori.

I diversi composti oppioidi possono essere suddivisi, sulla base della loro capacità di determinare una minore o maggiore analgesia, in oppioidi forti ed oppioidi deboli. Tutti gli oppioidi forti hanno una capacità analgesica superiore a quella della morfina, considerata l'oppioide di riferimento; l'opposto accade per gli oppioidi deboli. Tale distinzione tra oppioidi deboli e forti è stata in parte superata dalla scala analgesica proposta dall'OMS, la quale divide gli oppioidi in quelli utilizzabili per il dolore lieve-moderato e quelli utilizzabili per il dolore moderato-severo. Nel primo gruppo rientrano molecole come la codeina o la diidrocodeina. Queste sostanze si caratterizzano per un effetto più tenue e sono spesso usate in associazione con analgesici non oppioidi (per esempio il paracetamolo). Nel secondo gruppo (dolore moderato-severo) l'oppioide più utilizzato è certamente la morfina, unitamente al fentanyl, al metadone ed alla petidina. Nell'ambito della terapia del dolore, gli antidolorifici oppiacei sono considerati analgesici particolarmente potenti ed efficaci e sono utilizzati nella pratica clinica per la gestione di una vasta tipologia di algie di intensità medio-alta, sia cute sia croniche. Essi esplicano la loro azione farmacologica a livello del sistema nervoso centrale, agendo sui recettori oppiacei del cervello e del midollo spinale. La loro vendita è soggetta a particolari vincoli ed il loro uso dev'essere effettuato esclusivamente sotto stretto controllo medico, per i rischi connessi ad un uso improprio e prolungato. Infatti, gli oppioidi sono considerati farmaci sicuri ed efficaci solo se assunti in maniera corretta, secondo le indicazioni di uno specialista. Tali farmaci hanno rivoluzionato la terapia del dolore, permettendo il controllo efficace di stati algici altrimenti ingestibili, ma, se assunti in maniera incongrua, tendono ad indurre forme di dipendenza fisica e psichica di difficile gestione.

Gli oppioidi sono stati a lungo utilizzati per trattare il dolore acuto (come, per esempio, il dolore post-operatorio). Essi risultano estremamente preziosi nei trattamenti propri delle cure palliative, in particolare per alleviare il dolore grave, cronico ed invalidante che si sviluppa in condizioni terminali di vita, come nei soggetti affetti da cancro all'ultimo stadio, così come in determinate condizioni degenerative, quale, per esempio, l'artrite reumatoide. Non è sempre necessario ricorrere ad alti dosaggi per controllare il dolore presente in un tumore in fase avanzata o allo stadio terminale. Sfortunatamente, quasi sempre si può verificare il fenomeno della tolleranza, ovvero di una reazione fisica che rende l'organismo meno sensibile alla stessa dose di analgesico. Le condizioni del paziente oncologico possono stabilizzarsi, oppure anche variare rapidamente: a seconda della gravità del dolore, che varia, può rendersi necessario variare il dosaggio degli oppioidi. Nonostante il fatto che questi farmaci presentino il fenomeno della tolleranza, essi restano certamente un presidio ed una strategia di cura molto efficace nei pazienti affetti da dolore cronico da cancro. In alcuni Paesi, in anni recenti, si è diffuso l'impiego degli oppioidi nel trattamento di diversi tipi di condizioni di dolore cronico non neoplastico. Questa pratica, in molti casi scientificamente corretta, espone a crescenti problemi di dipendenza ed abuso. Un utilizzo particolare consiste nell'associazione di un oppioide e di un neurolettico (per esempio, il droperidolo), che può produrre uno stato di sedazione moderata ed analgesia; questa compliance prende il nome di neuro-lepto-analgesia.

Sul mercato, esistono vari tipi di farmaci oppioidi, che si differenziano per potenza, durata d'azione e modo di somministrazione. Per quanto attiene all'utilizzo dei farmaci analgesici nel dolore neoplastico (terapia del dolore oncologico), l'OMS consiglia di preferire, ogniqualvolta sia possibile, la via della somministrazione orale e l'impiego di pochi farmaci. Solo in una minoranza di casi, non responsiva alla morfina per bocca, può rivelarsi utile cambiare principio attivo, oppure prendere in considerazione una via di somministrazione alternativa. Le alternative alla via orale sono: via rettale, via sublinguale e buccale, via transdermica, via endovenosa e via sottocutanea.

Tra gli effetti collaterali, oltre al rischio di dipendenza per gli usi non controllati ed al rischio di tossicità per l'assunzione di dosi incongruamente elevate (con induzione di stati di confusione e quadri di depressione respiratoria richiedenti un'immediata assistenza medica) sono frequenti sintomi di stitichezza, nausea e reazioni dermatologiche. Gli effetti collaterali più gravi consistono in disturbo paradosso del SNC, stipsi, nausea e vomito, ipotensione posturale, prurito e orticaria, ritenzione urinaria, aumento della pressione endocranica e depressione respiratoria, anche letale. Nei pazienti che ancora conservano un minimo di autonomia funzionale e restano deambulanti, è più frequente che si verifichino altri disturbi, quali secchezza delle fauci, vertigini, cefalea associata o meno a vampate di calore, sudorazione copiosa, rigidità muscolare. Spesso, i soggetti in trattamento accusano disturbi del ritmo cardiaco, che vanno dalla semplice sensazione di cardiopalmo (palpitazioni) fino alla tachicardia. Altre reazioni avverse frequenti nei pazienti che assumono oppioidi per lenire il dolore sono ipotermia, rigidità muscolare, mioclono, nonché disturbi della sfera sessuale (diminuzione della libido e disfunzione erettile).

 

Gli oppioidi tra lecito ed illecito

Un oppioide è qualsiasi composto chimico psicoattivo che produce effetti farmacologici simili a quelli della morfina o di altre sostanze morfino-simili. Il termine “oppioide” viene anche usato per indicare gli oppiacei, ossia gli alcaloidi che possono essere ritrovati nell'oppio (una miscela di sostanze ricavata dal lattice del papaver somniferum) nonché i loro derivati semi-sintetici. Gli oppiacei sono in numero più limitato rispetto alla famiglia degli oppioidi. Essi sono tra le droghe più antiche al mondo: l'uso terapeutico del papavero da oppio è addirittura preistorico. Gli effetti collaterali degli oppioidi includono sedazione, depressione respiratoria, stipsi ed un forte senso di euforia. Gli oppioidi sono noti sia per la loro proprietà di causare dipendenza sia per la loro capacità di produrre una sensazione di buonumore, la qual cosa è una delle principali motivazioni per il loro uso come sostanze d'abuso. La dipendenza da oppiacei può svilupparsi anche durante il loro uso terapeutico, cagionando una sindrome astinenziale, qualora essi vengano sospesi in modo improvviso. Dunque, è assolutamente necessaria la supervisione di un medico. Esistono varie categorie di oppiacei:

  1. oppiacei naturali: sono gli alcaloidi contenuti nella resina del papavero da oppio, principalmente la morfina, la codeina e la tebaina. Anche altre piante contengono oppiacei naturali. Tra queste va ricordata la mitragyna speciosa (nota anche come Kratom), le cui foglie contengono un oppioide che agisce, in particolare, sui recettori “m” e “d”. La pianta salvia divinorum è diffusa in Messico e presenta naturalmente un alcaloide oppioide, noto come Savinorina A, un agonista del recettore “k”. Altre specie di papavero, diverse dal papaver somniferum, producono abbondanti quantità di tebaina, un'importante molecola da cui l'industria farmaceutica parte per la fabbricazione di molti oppiacei semi-sintetici e sintetici. Di tutte le altre 120 specie di papavero, solo poche producono morfina
  2. derivati della morfina: sono composti alterati, dal punto di vista chimico, rispetto alla molecola progenitrice, ossia la morfina. La maggior parte di queste sostanze è composta da pro-farmaci della morfina: diacetilmorfina (morfina diacetato, eroina), nicomorfina (morfina dinicotinata) dipropanoilmorfina (morfina dipropionato), desomorfina, acetilpropionilmorfina, dibenzoilmorfina e diacetildiidromorfina
  3. oppiodi semisintetici: derivano a partire dagli oppiacei naturali o dagli esteri della morfina. Tra di essi vi sono idrocodone, idromorfone, ossidocodone, ossimorfone, etilmorfina e buprenorfina; quest'ultima è una buona alternativa al metadone nel percorso di disintossicazione dall'eroinomania
  4. oppioidi sintetici: sono sostanze completamente sintetiche e comprendono il fentanyl, la petidina, il levofanolo, il metadone, il tramadolo ed il destropropossifene
  5. petpidi oppioidi endogeni: sono sostanze prodotte naturalmente nel corpo, come le endorfine, le encefaline, le dinorfine e le endomorfine. Morfina ed altri oppiacei, prodotti in minima quantità nel corpo, possono essere inclusi in questa categoria

Dosi elevate di oppioidi possono indurre ipotensione arteriosa, depressione respiratoria, insufficienza cardio-circolatoria (fino all'edema polmonare acuto) ed il coma. Nei soggetti in età pediatrica, possono verificarsi anche convulsioni. È stata anche segnalata la possibilità di sviluppo di rabdomiolisi (verosimilmente secondaria alle clonie ed alla liberazione di mioglobina dai muscoli che debbono lavorare in condizioni di sofferenza e di ipossia) e successiva progressione verso l'insufficienza renale: L'insufficienza respiratoria è probabilmente l'effetto avverso più temuto dagli anestesisti, potendo essa condurre, nei casi più gravi, alla morte del paziente. Un sovra-dosaggio di oppioidi dev'essere sospettato nel caso in cui si verifichi l'associazione di insufficienza respiratoria, coma e pupille a spillo. Tuttavia, è necessario ricordare che le dosi tossiche di uno specifico oppioide variano notevolmente da individuo ad individuo. In caso di sviluppo di tolleranza, un soggetto può tollerare dosaggi che condurrebbero a morte un altro individuo. Tra i tossicodipendenti da oppiacei, ed in particolare tra gli eroinomani, l'edema polmonare acuto è una causa comune di morte. La mortalità correlata all'utilizzo di oppioidi varia da sostanza a sostanza. Ossicodone e codeina possono predisporre ad una mortalità duplice rispetto all'idrocodone. A differenza dell'idrocodone, la codeina viene metabolizzata dal citocromo P-450, isoforma CYP2D6, e ciò può portare ad una farmacocinetica molto variabile, a causa di polimorfismi a singolo nucleotide ed interazioni farmacologiche. Anche l'ossicodone è metabolizzato dal CYP2D6, ma solo in piccola parte, mentre l'isoenzima CYP3A4 gioca un ruolo maggiore. Il metabolismo dell'ossicodone, clinicamente, è quindi raramente influenzato da varianti di polimorfismi a singolo nucleotide. Come è noto, i pazienti tossicodipendenti da oppiacei presentano immuno-compromissione. Tuttavia, anche l'utilizzo di oppioidi a scopo terapeutico può compromettere il funzionamento del sistema immunitario. Gli oppioidi, oltre a ridurre la produzione di anticorpi, diminuiscono la proliferazione delle cellule progenitrici dei macrofagi e dei linfociti, e influenzano la differenziazione cellulare. L'uso di oppioidi influenza ed altera sia l'immunità innata sia l'immunità adattativa