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Il Caso Open Arms e Salvini che vuole condizionare il processo

In percolo la democrazia
Matteo Salvini
Matteo Salvini

Il Caso Open Arms e Salvini che vuole condizionare il processo

 

Al processo  per il caso Open Arms la Pubblica Accusa chiede la condanna a 6 anni di carcere per Matteo Salvini, in quanto all’epoca dei fatti (agosto 2019) in veste di Ministro dell’Interno si è adoperato usando i propri poteri per impedire che i profughi trasportati da una nave proveniente dalla coste africane approdasse in Porto Italiano o addirittura impedendo che transitasse dalle acque territoriali italiane.

Il nostro Ministro e tutti gli accoliti della sua parte politica gridano allo scandalo, la Presidente Meloni parla di grave attacco alla politica, Salvini in un lugubre video social … proclama la propria innocenza accusando la giustizia di voler condannare chi ha fatto il proprio dovere per proteggere i confini italiani dall’invasione…

Se  non ci trovassimo nel XXI secolo e difronte alla prova reale dei mezzi di comunicazione dovremmo dire che si tratta di un incubo…un brutto sogno. Invece NO siamo difronte alla ribellione della Politica rispetto alla giustizia ed a chi per Costituzione è chiamato ad amministrarla… una  gravissima ingerenza del potere esecutivo nei confronti del potere giudiziario… tanto grave da rivelarsi al limite di una cospirazione e di un attentato agli equilibri costituzionali.

La ribellione alla richiesta della Pubblica Accusa quando il processo non è concluso e soprattutto ancora prima che la difesa svolga la propria arringa, e prima ancora che il Tribunale valutati gli atti, considerate le prove, vista la legge vigente pronunci  la propria decisione - la Sentenza.

Se Salvinia ed i suoi amici sono così convinti di aver agito secondo legge e secondo correttezza per difendere l’Italia… nulla hanno da temere dal Processo  nel quale legittimamente la pubblica accusa svolge la propria funzione e formula le proprie richieste, la difesa evidenzierà le proprie  ragioni, ed il Tribunale all’esito emetterà la propria decisione.

Lo strepitio con tanto anticipo  come se una sentenza fosse già stata pronunciata, induce a pensare che Salvini, avendo al coda di paglia, intenda condizionare il Giudice (Tribunale) con l’arroganza di chi svolge le funzioni del potere. Salvini invoca l’art. 52 della costituzione, ma quella nave (barcone)  non insidiava alcun  confine , non minacciava né l’Italia né l’integrità degli italiani.. quel barcone trasportava disperati (donne e bambini) che chiedevano aiuto e ospitalità…e l’Italia li ha respinti lasciandoli in mare..

La vicenda Open Arms rappresenta uno degli scontri più duri e lunghi tra l’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini e le Ong. Tutto inizia l’uno agosto del 2019 e, proseguirà per 19 giorni, quando il 20 agosto la Procura di Agrigento sequestra la nave e ordina lo sbarco dei migranti per le «condizioni estreme» a bordo. Il primo agosto la nave dell’Ong spagnola Open Arms, dopo aver soccorso alcune decine di migranti, chiede l’assegnazione di un porto sicuro. Passano poche ore e, seguendo i decreti sicurezza, il ministro dell’Interno firma il divieto di ingresso, transito e sosta nella acque territoriali italiane, con lui firmano - sempre secondo quanto previsto dai decreti - anche i ministri grillini Danilo Toninelli (Infrastrutture) ed Elisabetta Trenta (Difesa). È l’inizio del braccio di ferro tra governo e Ong.  Passano i giorni e dalla Open Arms continuano le richieste di assegnazione di un porto sicuro. Si trovano ad alcune miglia da Lampedusa, in balia delle onde, proprio al limite delle acque territoriali italiane e con 150 migranti a bordo. Il 13 agosto i legali dell’Ong presentato un ricorso urgente al Tar del Lazio, contestando il divieto firmato dai tre ministri italiani per «violazione delle norme di Diritto internazionale del mare in materia di soccorso presenti all’interno del decreto sicurezza bis». Poche ore dopo arriva la decisione del Tribunale Amministrativo: la situazione è di «eccezionale gravità ed urgenza» tale da giustificare «l’ingresso della nave Open Arms in acque territoriali italiane», si legge nell’Ordinanza del TaR.

Salvini è irremovibile e intende fare ricorso al Consiglio di Stato e firmare un nuovo divieto di ingresso nelle acque territoriali italiane. Gli allora ministri Trenta e Toninelli, invece, non firmano. Non solo: la ministra della Difesa invia due navi militari che «scortano» la nave dell’Ong, pronte a intervenire immediatamente per il trasferimento dei minori e dei soggetti che si trovano nelle condizioni più critiche. «La politica non può mai perdere l’umanità. Per questo non ho firmato», motiva così la sua decisione l’allora ministra Trenta: 32 Minori vengono fatti sbarcare. Le navi militari rimangono a monitorare la situazione a bordo della Open Arms che arrivò nei pressi di Lampedusa.

Nel corso di questi lunghi giorni le richieste di un porto sicuro vengono inoltrate anche a Spagna (l’Open Arms è una Ong spagnola) e Malta. Il presidente spagnolo Sanchez prima propone lo sbarco nel lontano porto di Algeciras (servono circa 5 giorni di navigazione) per poi mettere a disposizioni, il 19 agosto, il più «vicino» porto di Minorca. Mentre altri naufraghi vengono trasferiti a terra per motivi di salute e a bordo rimangono 99 migranti, il ministro Toninelli mette a disposizione la Guardia Costiera per accompagnare la Open Arms in Spagna. Ma non c’è accordo sulle modalità. L’Ong definisce la soluzione «incomprensibile» trovandosi a 800 metri dal porto di Lampedusa si mostrata disponibile al trasbordo dei migranti sulle navi militari italiane per il trasferimento in Spagna: «Costerebbe meno trasferirli in aereo», sottolineano.

«Sul divieto di sbarco alla Open Arms siamo soli contro tutti. Contro Ong, tribunali, Europa e ministri impauriti», scriveva all’epoca (agosto 2019) il leader della Lega su Facebook. La situazione di stallo continuava. Nel pomeriggio del 20 agosto il procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio saliva a bordo dell’Open Arms per un’ispezione sulla nave con uno staff di medici e operatori della Capitaneria. Così, al termine di un vertice alla Capitaneria di Porto di Lampedusa, arrivava la decisione che chiudeva la vicenda: fu disposto il sequestro della nave per le «condizioni estreme a bordo» e immediato sbarco dei migranti. Poco dopo la procura di Agrigento apre un fascicolo per sequestro di persona e violenza privata sulla base degli esposti presentati dai legali della Open Arms.

Questa la ricostruzione della cronaca di quei giorni nell’agosto 2019.

Oggi, dopo le richieste della Pubblica accusa a processo ancora aperto, prima della decisione del Tribunale,  le parole di Salvini via social e quelle della Presidente Meloni costituiscono una pericolosissima ingerenza nel potere Giudiziario, un tentavo di condizionamento che hanno già di fatto alterato il processo e la Sentenza che sarà emessa, condizionando la terzietà del Giudice quando il processo è ancora aperto, tentativo di delegittimare i giudici che “…è incredibile che un Ministro della Repubblica Italiana rischi 6 anni di carcere per aver svolto il proprio lavoro difendendo i confini della Nazione, così come richiesto dal mandato ricevuto dai cittadini”, qualcosa che legittima i tanti sospetti sino a qui sollevati nell’opinione pubblica ogni qualvolta si parla di separazione delle carriere nell’organo della Magistratura. Si conferma il sospetto che questa riforma voglia alla fine tendere a sottoporre il potere inquirente (Pubblico Ministero) al potere Esecutivo, andando così a stravolgere un caposaldo della Costituzione che vuole l’autonomia della Magistratura acché possa agire nel solo limite della legge e non del potere politico a cui inevitabilmente verrebbe asservita.

Ecco se una prova serviva per legittimare questo sospetto, Salvini e Meloni ne hanno dato conferma. Questo sollevare alto un urlo di dissenso all’operato della pubblica accusa rea di aver chiesto una condanna a 6 anni di reclusione, dimostrano come questa politica voglia condizionare l’accusa piegandola al proprio volere.

Non è la presidente del Consiglio, né un ministro, né un governo che possono ritenere applicabile o non applicabile una legge, né tantomeno definire sbagliata l’applicazione della legge quando ad essere giudicati sono loro stessi. nella nostra Costituzione spetta alla Magistratura ed al Giudice Naturale applicare la legge secondo la previsione stessa contenuta nella legge e che il giudice è chiamato ad interpretare nel momento in cui la applica …quella legge che la Politica (Parlamento) ha emanato.

Se a Salvini non piace la legge, la cambi, se ne ha la forza, ma mai può sottrassi alla legge: egli non è un privilegiato escluso dalla legge, al di sopra della legge per un interesse asseritamente superiore: quello di difendere gli italiani. Gli italiani sono difesi dalla Costituzione e dalla legge, anche quella che non piace  a  Salvini.

Se così non fosse, in pericolo sarebbe la democrazia a discapito di una oligarchia che pensa e pretende di imporre la propria visione dell’etica e del diritto, pretende di scegliere chi merita e chi deve essere escluso a dispetto di opinioni diverse anche divergenti.

Il messaggio “a reti unificate” di Salvini, costituisce un precedente inquietante, la pretesa di essere il salvatore dell’Italia, il difensore dei confini dall’invasore, assume contorni deliranti. Salvini ha il diritto di proclamarsi innocente (un diritto che gli va garantito anche fosse condannato), ma certo non può  manipolare il diritto e trasformare una azione cocciuta di principio che ha messo a repentaglio vite umane con la delegittimazione della giustizia colpevole di voler “… trasformare in un crimine il dovere di proteggere i confini italiani dall'immigrazione illegale è un precedente gravissimo…” . I confini italiani non erano minacciati dal barcone quasi in avaria, non c’era in arrivo un armata di invasori, ma delle persone disperate (per lo più donne e bambini) che avevano bisogno di soccorso e di accoglienza!

Il Ministro non stava quindi difendendo i confini patrii che non erano minacciati, ma voleva rivendicare la propria avversità alla accoglienza di immigrati che fuggivano dal paese di provenienza in cerca di riparo ed aiuto.

Occorre ripensare la  politica dei confini dell’accoglienza al fine di affermare il farsi di una cultura della solidarietà piuttosto che del diffondersi del seme e delle strutture della violenza che non troveranno risposta esauriente dalla solitudine superba cd impotente della politica della arroganza.

La reazione di Salvini e della Presidente Meloni, così come quelle di molti rappresentati delle forze di Governo, hanno destato e destano preoccupazione, in quanto sono state rivolte nei confronti di rappresentanti dello Stato nella pubblica accusa (magistrati) insinuazioni di uso politico della giustizia. Sono dichiarazioni gravi, non consone alle funzioni esercitate, in aperta violazione del principio di separazione dei poteri, indifferenti alle regole che disciplinano il processo, che minano la fiducia nelle istituzioni democratiche e che costituiscono indebite forme di pressione sui magistrati giudicanti.

"Sarà il Tribunale a vagliare la fondatezza dell'accusa, con indipendenza e terzietà, guidato solo dallo scrupoloso rispetto di tutte le norme vigenti in materia- si legge ancora- La piena uguaglianza di tutti di fronte alla legge è l'autentica essenza della democrazia, a prescindere dalla carica e dal rilievo politico, e il processo che si sta celebrando a Palermo è esso stesso un momento di fondamentale democrazia. Ai colleghi della Procura della Repubblica e del Tribunale di Palermo si ribadisce, pertanto, tutta la nostra solidarietà, nella consapevolezza che sia in questo che in tanti altri casi meno noti, continueranno a svolgere la loro delicatissima funzione in piena libertà ed indipendenza, sine spe nec metu, nell'interesse esclusivo della Repubblica".