x

x

I FRANGUILLI

Milano
Milano

I FRANGUILLI

Luccica il sole d’inverno sul pomeriggio dell’Immacolata. I giornali promettevano pioggia, non ci siamo fidati del cielo. La collina è spoglia, ma serena. E’ l’ultimo anno che si fa vacanza questo giorno, sacrificato all’autorità verbale. O gloriosa Virginum Sublimis inter sidera, diceva l’antifona dell’8 dicembre. Chissà come l’hanno sostituita. Mi capitò di leggere che, per quanto poetico, il dogma dell’Immacolata resta un’ipotesi fisiologica non verificabile. Su un foglio cattolico. Noi siamo addossati alla linea di culmine della prima schiera di colline. La pianura qui sotto, il mare a poche miglia sono nascosti da un velo di bruma: sopra, la terra è opaca e scura e verso il mare si fa perlacea, la linea della costa appare lucente nello stacco dei due colori.

Alle nostre spalle, la Romagna profonda della montagna disabitata, i casolari abbandonati, le forre impenetrabili, che i gioghi alpini sono giardini al confronto. Qui, dietro Monteleone, nasce il Rubicone, appena una vena argentea, oggi, sotto il sole. Un giorno, la racconterò la storia di questo fiumicello, di gran destino ma di così evanescente apparenza che ogni papa o tiranno gli mutava posto, e siccome Napoleone l’aveva rimesso qua, Mussolini, perché non si credesse che copiava dal Còrso, disse ch’era là, e lo appoggiò a Savignano. Dove poi vollero, di prepotenza, lasciarlo anche i comunisti locali, dopo il 1945. Alle rivendicazioni degli altri paesi, poggiate sopra il giusto argomento che la designazione savignanese era venuta dal duce, risponde il sindaco – “Muslen l’era un birichein, ma in t’e fat de’ fiom l’aveva rason lo’”: Mussolini era un birichino, ma nel fatto del fiume, aveva ragione lui.

Non si fa in tempo a pensare, Milano, la guerriglia urbana, come è lontano tutto ciò, che rintrona una coppia di fucilate. Parlavo con Primo, il contadino venuto a consulta sulla sorte dei cipressi, giovani ma già grandi, che il vento terribile ha quasi sradicato l’altra notte, ed ora chinano vergognosi la fronte, in attesa che si trovi un rimedio. Quando esce dal solido terreno del dialetto per affrontare le sabbie mobili della lingua, Primo inventa parole bellissime. Dice che il vento sradica più facilmente gli alberi quando, come ora è accaduto, la “vargilla” è “molla” di pioggia. Altre due cannonate. Domando, infastidito, che cosa può esserci ancora da ammazzare. Mah, dice Primo, “ci saranno dei “franguilli”. Mi affaccio alla finestra verso la valle, e li vedo, i franguilli. Sono quei passerotti appena usciti dal nido con le covate di settembre, di ottobre. Volano bassi, di ramo in ramo, col fiatone. Se piegano dalla nostra parte, sono salvi. Se attraversano la strada, pam pam. Non dico la morte sicura, perché i fucilieri mettono a segno forse un colpo su dieci. Ma intanto, i franguilli vanno giù. Bisogna provare, assistere a questo piccolo massacro legale; trepidare per la bestiola; rimproverarle mentalmente per la storditaggine; raccomandarle di girare a sinistra invece che a destra, dopo l’ultimo cipresso; vedere il breve lampo nell’aria che si oscura; capire dalla corsa del marmocchio, o del cane, che il franguillo è ormai a terra, per intendere il fastidio, e l’astio che si finisce per concepire verso questo sterminio, minuto, ma implacabile. Sono due milioni e trecentomila. Crescono di centomila all’anno, sparano un miliardo di cartucce. Perché questo governo senza fantasia, sempre  pronto ad accanirsi sui soliti bersagli, l’Iva, la carta bollata, non torchia l’esercito delle cavallette armate? Due milioni e trecentomila fucili, per un’una tantum di diecimila lire, farebbero ventitré miliardi; più altri dieci, con l’una tantum di dieci lire a cartuccia.

La fucileria s’infittisce.

I franguilli s’affrettano verso casa all’imbrunire, e i fucilieri li aspettano. Ecco quattro colpi, vicinissimi. Ma se l’una tantum fosse di centomila lire per doppietta, e cento lire a cartuccia, farebbero trentatré miliardi, un bel gruzzolo, visto che stiamo grattando il fondo della pentola. Se poi le vendite calassero, tutto di guadagnato. E’ una modesta proposta, lo so, dettata più da simpatia per i franguilli, che da sapienza fiscale. Ma un governo provvisto dell’inventiva che bisogna saper sviluppare nelle tempeste, saprebbe combinare al necessario anche l’utile: magari ripristinando le antiche bocche della verità e fessure per denunzie segrete, dove raccogliere modeste proposte di cittadini inviperiti, ansiosi di non triviali e non interessate vendette.

Piero Santerno, da “Il Giornale”, venerdì 10 dicembre 1976