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Incarichi onerosi a dipendenti in quiescenza. Breve sintesi del parere della Corte dei Conti Sez. controllo Lombardia n. 172/2024/PAR del 25 giugno 2024

Bretagna, foto di Consuelo Corsini
Bretagna, foto di Consuelo Corsini

Incarichi onerosi a dipendenti in quiescenza. Breve sintesi del parere della Corte dei Conti Sez. controllo Lombardia n. 172/2024/PAR del 25 giugno 2024

 

Abstract

La Sezione Regionale di Controllo della Corte dei Conti Lombardi con deliberazione n.172/2024/PAR del 25 giugno 2024 in risposta ad un quesito posto da un Sindaco ha aggiunto ulteriori particolari ai contenuti che devono connotare le attività di “mera condivisione “e di “mera assistenza” ai fini del conferimento da parte dei Comuni di incarichi onerosi al personale in quiescenza.

 

Premessa

A poco più di un mese di distanza dalla pronuncia della Sezione regionale di controllo del Lazio (deliberazione n. 80/2024/PAR[1]) del 2 maggio 2024, a seguito della quale l’ANCI aveva, con tempestività, diramato in data 17 giugno una NOTA[2] finalizzata a fornire un indirizzo tecnico-operativo sul regime giuridico degli incarichi onerosi al personale in quiescenza, la Magistratura contabile (Corte dei Conti, Sez. Regionale di Controllo Lombardia deliberazione n. 172/2024/PAR[3] del 25 giugno 2024) si è nuovamente espressa sull’ambito di operatività, rispetto agli incarichi onerosi di che trattasi, del divieto previsto dall’art. 5, comma 9, del decreto-legge 95/2012 convertito in legge n. 135/2012 e successive modifiche ed integrazioni. Divieto che deve essere considerato di stretta interpretazione nel senso che:

- è impedito il conferimento di incarichi di studio e consulenza, e/o dirigenziali o direttivi, a soggetti in quiescenza;

- le altre attività, non rientranti in quelle di cui sopra, purché non svolte in modo elusivo, possono essere affidate ai dipendenti in quiescenza seguendo le regole previste dall’ordinamento.

 

Il quesito sottoposto alla Sezione Regionale di Controllo Lombardia

Il Sindaco di un Comune della Provincia di Varese ha chiesto alla SRC di indicare se un’amministrazione pubblica possa avvalersi, a titolo oneroso, di personale in quiescenza per una prestazione che non comporta l’espletamento di funzioni direttive, dirigenziali, di studio o di consulenza con particolare riferimento alla “sussistenza del divieto sancito dall’articolo 25 della legge 724/1994 per i dipendenti titolari di pensioni non di vecchiaia, per incarichi retribuiti affidati dall’amministrazione di provenienza o dalle amministrazioni con cui gli stessi abbiano avuto rapporti di lavoro o impiego nei 5 anni precedenti a quelli di cessazione del servizio, per l’espletamento di supporto, affiancamento e assistenza a personale neo assunto in quanto anche tale attività è compresa nella nozione di «collaborazione»”.

 

Il parere della SRC Lombardia n. 172/2024/PAR

Con il parere in commento la Sezione Regionale di Controllo della Corte dei Conti Lombardia, non tralasciando, a ragione, di osservare che la disposizione (art. 5, comma 9, decreto legge n. 95 del 2012) ha subito ben otto riformulazioni (da ultimo, dall’art. 3 ter, del decreto legge 18 ottobre 2023 n. 145 convertito in legge 15 dicembre 2023, n. 191) con le quali sono state introdotte deroghe mirate per il personale sanitario e per esigenze connesse al PNRR,  dopo aver ricordato la duplice ratio della disciplina recata dal citato art. 5, comma 9, che è finalizzata:

- da un lato, a promuovere il ringiovanimento del personale delle amministrazioni pubbliche, favorendo l’accesso di persone più giovani alla funzione pubblica;

- dall’altro, a realizzare una revisione della spesa pubblica, mediante la riduzione dei costi di funzionamento dell’amministrazione pubblica;

ed aver “in primis” evidenziato che ogni Comune ha il potere/dovere di “valutare con attenzione l’oggetto dell’incarico anche per evitare interpretazioni antielusive delle norme sopra richiamate”, ha precisato quanto segue:

  1. i soggetti interessati dal divieto normativo sono identificabili nei “i lavoratori pubblici o privati”, locuzione che ricomprende anche i lavoratori autonomi (cfr. tra le tante SRC Lombardia n. 425/2019, ma anche parere Funzione Pubblica n. 47871 del 20 luglio 2020[4]);
  2. la normativa successiva alla legge n. 724/1994 ha introdotto un divieto generalizzato al conferimento degli incarichi di che trattasi senza più distinguere tra le diverse forme di collocamento in quiescenza;
  3. l’attività può essere qualificata di supporto, affiancamento e assistenza a personale neo assunto solo se è limitata ad una formazione di orientamento ed al primo affiancamento, circoscritta nel tempo (poche settimane) assumendo i connotati di mera assistenza non rientranti nei limiti e divieti della normativa;
  4. ove, invece, essa consista in un supporto qualificato per adiuvare o formare il neo assunto nello svolgimento di determinate materie (ad es. edilizia, appalti, discipline finanziarie) l’attività va qualificata come consulenza che rientra tra gli incarichi di collaborazione ad esperti ai sensi dell’art. 7, comma 6, del D.Lgs. 165/2001;
  5. l’attività di formazione del neo assunto non consiste, di norma, in una “mera assistenza” ma, in presenza di attività complesse, si sostanzia in un sostegno conoscitivo maturato dall’esperto nella pregressa esperienza e conoscenza.
  6. nelle pubbliche amministrazioni, ferme restando le verifiche sulle competenze effettuate in sede concorsuale, i neo assunti seguono percorsi di formazione attraverso appositi corsi in presenza e/o on line affidati ad esperti mediante contratti di consulenza ovvero di collaborazione a titolo oneroso;
  7. le attività che richiedono competenze specialistiche non possono essere ricomprese nella nozione di “assistenza”, al solo fine di eludere i divieti di legge.

Sulla scorta delle considerazioni di cui sopra la Sezione Regionale di Controllo della Lombardia si è, quindi, espressa nel senso che spetta al Comune valutare se, nel concreto, l’oggetto dell’incarico da affidare all’ex dipendente in pensione abbia, “come di primo acchito sembra”, le caratteristiche:

  1. di un incarico di consulenza (vietato a titolo oneroso, ma consentito a titolo gratuito);
  2. di un incarico di mera assistenza (ammesso).
     

Considerazioni finali

Appare, quindi, evidente, che al di là del “nomen iuris”  attribuito agli incarichi onerosi  di supporto, affiancamento ed assistenza al personale neo assunto, occorre valutare in concreto il contenuto delle prestazioni e guardare alla effettiva funzione assegnata ai dipendenti in quiescenza in modo da evitare il confezionamento di incarichi “ad hoc” con previsioni, solo formali, di mansioni non riconducibili alle fattispecie vietate dalla norma a conferma dell’esigenza di una interpretazione anti elusiva a più riprese evidenziata nei precedenti pareri delle Sezioni Regionali  di Controllo, ribadita  nel  citato parere n. 172/2024/PAR con la seguente rilevante precisazione:

  1. per le “attività di mera condivisione” tra le quali rientra la “formazione operativa e il primo affiancamento del personale neo assunto” (Sezione reg. contr. Liguria n. 66/2023 citata) purché “circoscritta nel tempo (poche settimane)”in modo da assumere i connotati di mera assistenza non rientranti nei limiti e divieti della normativa (Cfr. Sez.reg. contr. Lombardia n. 172/2024 citata);
  2. per le “attività di mera assistenza” intese come “attività caratterizzate, in negativo, dalla mancanza di competenze specialistiche che non rientrano nelle ipotesi di contratto d’opera intellettuale del 2229 cc.”, (Sezione reg. contr. Lazio n. 88/2023[5] del 3 maggio 2023) in modo che non siano in alcun modo assimilabili agli incarichi vietati dalla norma e cioè agli  incarichi di studio[6] e consulenza[7], incarichi dirigenziali o direttivi o cariche in organi di governo delle amministrazioni di cui al primo periodo e degli enti e società da esse controllati, ad eccezione dei componenti delle giunte degli enti territoriali e dei componenti o titolari degli organi elettivi degli enti di cui all’art. 2, comma 2-bis, del decreto legge n. 101/2013 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 125/2013.

 

 

[1] Reperibile al link https://www.corteconti.it/Download?id=a9409df3-47e0-4f3f-941f-7abbb965b387

[2] Reperibile al link https://www.anci.it/wp-content/uploads/nota-su-deliberazione-n.-80-2024-17.6.24.pdf

[3] Reperibile al link https://www.corteconti.it/Download?id=b52bbe5f-6838-4ad3-af25-2dcce117f693

[4] Reperibile al link https://www.funzionepubblica.gov.it/sites/funzionepubblica.gov.it/files/IncarichiASoggettiInQuiescenza.pdf

[5] Reperibile al link https://www.corteconti.it/Download?id=e27b4fba-c539-43bb-9c16-c0ef4ea08ac1

[6] Incarichi di studio sono, di solito, individuati con riferimento ai parametri indicati dal d.p.r. n.338/1994 che, all’articolo 5, determina il contenuto dell'incarico nello svolgimento di un'attività di studio, nell'interesse dell’ente, stabilendo come elemento essenziale, ai fini del corretto svolgimento di questa tipologia d’incarichi, la consegna di una relazione finale, in cui saranno illustrati i risultati dello studio e le soluzioni proposte.

[7]Consulenze: si identificano,di regola, in richieste di pareri ad esperti che si sostanziano nelle seguenti attività che, quindi, sono da ritenere  vietate: a) studio e soluzione di questioni inerenti all'attività dell’ente committente; b) prestazioni professionali finalizzate alla resa di pareri, valutazioni, espressione di giudizi; c) consulenze legali, al di fuori della rappresentanza processuale e del patrocinio dell'amministrazione; d) studi per l’elaborazione di schemi di atti amministrativi o normativi.