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La noia

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La noia

Tra le emozioni, la noia è forse quella a più alta connotazione negativa, la più bistrattata e ripudiata, da cui occorre per forza rifuggire, come se provarla fosse un’onta. 

Dopotutto, a questo mondo “o bruci o marcisci” e l’uomo sente di vivere realmente quando utilizza al massimo tutte le proprie energie vitali, quando sfrutta tutte le occasioni possibili, quando utilizza in maniera efficace le proprie capacità.

La noia spesso viene associata al non aver nulla a cui pensare o da fare, quindi concettualizzata come un minus, una situazione che discende dalla privazione di attività da svolgere e di interessi.

E’ davvero così?

Se analizziamo il termine “noia” dal dizionario Treccani possiamo leggere:

- senso di insoddisfazione e di fastidio che deriva dalla mancanza di attività oppure dall’essere impegnato in qualcosa di monotono, estraneo ai propri gusti o comunque non interessante;

- senso di fastidio che nasce dalla ripetizione di cose uguali o uniformi.

Quindi la noia non nasce necessariamente da un'assenza, da una mancanza ma dall’esistenza di qualcosa che non ci interessa. E la mancanza di interesse verso quel qualcosa da cosa nasce?

Se quel quid è qualcosa di nuovo, inesplorato, la nostra mancanza di interesse può nascere dal nostro non voler sforzarci ad entrare in contatto con ciò che non conosciamo già, perché ciò richiederebbe un minimo di sforzo e di fatica.

Ma in questo caso si tratterebbe di pigrizia, indolenza, addirittura a volte ignavia, concetti alquanto lontani dalla noia.

Se invece quel quid lo conosciamo già e si ripete per più volte se non proprio ciclicamente, può destare in noi un senso di sicurezza, un rifugio sicuro in cui rintanarsi per sfuggire alle innumerevoli variabili che la vita ci pone di fronte. Oppure può darci fastidio e provocare in noi un senso di distacco. Provando noia noi non ci identifichiamo con quell’attività, quel pensiero ripetitivo perchè ci consideriamo già oltre quel replicarsi incessante.

La noia, se ci pensiamo bene, ci permette di compiere la più grande impresa:  prendere le distanze da qualcosa che sentiamo non ci appartenga più! Allontanandoci, riusciamo ad avere quella visione di insieme che, rimanendo dove eravamo, ci sarebbe mancata per vedere le cose in modo diverso, per guardare le situazioni per quello che realmente sono. Ci toglie dalla soggettività compromessa dalla prossimità alle cose per permetterci di avvicinarci a  quella obiettività che solo la distanza consente di raggiungere.

La noia è l’emozione che ci può togliere anche fisicamente dal pantano in cui rischieremmo di passare tutti i nostri giorni, perché ci dà la spinta a rifiutare le acque stagnanti per avere la forza di rinfrescarci con acque fresche e sempre nuove.

Se l’attività che svolgiamo ci annoia, cercheremo di cambiarla o innovarla.

Se il contesto in cui viviamo ci annoia, guarderemo altrove per trovarne uno più adatto alle nostre esigenze.

La rabbia, la paura, la gioia e la tristezza ci possono aiutare a mettere dei sani confini (rabbia), ad evitare un pericolo (paura), ad apprezzare il presente (gioia) o a trovare sostegno e supporto negli altri (tristezza). Il confrontarci con queste emozioni, che sono sì provocate da elementi esterni ma perché riflettono ciò che esiste già nelle nostre mappe interne, ci permette di evolverci come esseri umani, a prescindere dal contesto esterno, che funge solo da miccia da accensione. Anche la noia può fare questo.

La noia ci tira fuori da qualcosa. E per fare questo, deve essere una emozione davvero potente, sebbene sia sovente giudicata “male”.

Da dove deriva la straordinaria forza che ci regala la noia?

Dalla consapevolezza della nostra non appartenenza a determinati schemi mentali, rituali, azioni, pensieri ripetitivi.

E tale consapevolezza la si raggiunge solo attraverso l’osservazione, corretta e completa, del contesto, delle attività, delle situazioni, dei comportamenti altrui.

La noia è un fenomeno per così dire “esperienziale”: richiede che ci “sporchiamo le mani” con qualcosa, per conoscerlo e prenderne le distanze se non si ravvisano margini di miglioramento e innovazione.

La noia presuppone così un viaggio dirompente dall’esterno all’interno di noi stessi  e poi di nuovo verso l’esterno, che ci consente di portarci allo step successivo della nostra evoluzione personale, potendosi riflettere questa non solo nelle nostre relazioni e amicizie ma anche nella nostra storia lavorativa. 

La noia non si esaurisce nella riflessione opprimente sulla propria insoddisfazione,  ma consiste nel percepire che il desiderio che vive nel cuore dell’uomo è più grande del contingente.

Leopardi, nei suoi Pensieri, LXVIII, la definisce come un sentimento che solo gli uomini di animo nobile possono provare perchè rapporta ciò che provano dentro al mondo esterno, in un rapporto proporzionale impari, dove perfino l’universo risulta insufficiente rispetto al desiderio di infinito che alberga nel loro cuore.

La noia è in qualche modo il piú sublime dei sentimenti umani. Non che io creda che dall’esame di tale sentimento nascano quelle conseguenze che molti filosofi hanno stimato di raccôrne, ma nondimeno il non poter essere soddisfatto da alcuna cosa terrena, né, per dir cosí, dalla terra intera; considerare l’ampiezza inestimabile dello spazio, il numero e la mole maravigliosa dei mondi, e trovare che tutto è poco e piccino alla capacitá dell’animo proprio; immaginarsi il numero dei mondi infinito, e l’universo infinito, e sentire che l’animo e il desiderio nostro sarebbe ancora piú grande che sí fatto universo; e sempre accusare le cose d’insufficienza e di nullitá, e patire mancamento e vòto, e però noia, pare a me il maggior segno di grandezza e di nobiltá, che si vegga della natura umana. Perciò la noia è poco nota agli uomini di nessun momento, e pochissimo o nulla agli altri animali.