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Verifica, salvaguardia e mantenimento degli equilibri di bilancio negli Enti locali

Sogno di una notte di fine estate, settembre 2021
Ph. Francesca Russo / Sogno di una notte di fine estate, settembre 2021

Verifica, salvaguardia e mantenimento degli equilibri di bilancio negli Enti locali

 

Abstract

La presente disamina focalizza l’attenzione sui principali equilibri finanziari del bilancio degli Enti locali, importante documento contabile economico finanziario che espone in modo analitico e sistematico il reperimento e l’impiego delle risorse pubbliche, rappresentando tale funzione il principale riferimento per l’allocazione, la gestione e il monitoraggio delle entrate e delle spese.

 

Pareggio di bilancio e suo definitivo superamento

Ai sensi dell’articolo 162, comma 6, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (d’ora in avanti Tuel), gli Enti locali deliberano il bilancio di previsione in pareggio finanziario complessivo per la competenza, comprensivo dell’utilizzo dell’avanzo di amministrazione e del recupero del disavanzo di amministrazione e garantendo un fondo di cassa finale non negativo, non essendo obbligatorio il pareggio di cassa.

Il totale delle entrate finanzia indistintamente il totale delle spese, salvo le eccezioni di legge e i prospetti degli equilibri vanno sempre compilati. E’ necessario che vengano sempre compilati i prospetti degli equilibri.

Inoltre, le previsioni di competenza relative alle spese correnti sommate alle previsioni di competenza relative ai trasferimenti in c/capitale, al saldo negativo delle partite finanziarie e alle quote di capitale delle rate di ammortamento dei mutui e degli altri prestiti, con l’esclusione dei rimborsi anticipati, non possono essere complessivamente superiori alle previsioni di competenza dei primi tre titoli dell’entrata, ai contribuiti destinati al rimborso dei prestiti e all’utilizzo dell’avanzo di competenza di parte corrente e non possono avere altra forma di finanziamento, salvo le eccezioni tassativamente indicate nel principio applicato alla contabilità finanziaria necessarie a garantire elementi di flessibilità degli equilibri di bilancio ai fini del rispetto del principio dell’integrità.

Secondo il principio di autorizzatorietà del bilancio, gli stanziamenti di competenza costituiscono limite agli impegni di spesa e agli accertamenti riguardanti le accensioni di prestiti, agli stanziamenti di cassa, per ognuno degli esercizi di riferimento, eccezion fatta per le riscossioni riguardanti le accensioni di prestiti, al rimborso delle anticipazioni di tesoreria e per le partite di giro, sia in termini di competenza che di cassa.

Una corretta gestione dell’Ente locale richiede una costante verifica degli equilibri di bilancio al fine di prevenire situazioni di deficitarietà o di dissesto. A tal proposito l’ordinamento contabile degli enti locali prevede specifiche regole per la tutela della corretta gestione delle risorse. Il decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, come modificato dal decreto legislativo 10 agosto 2014, n. 126, ha introdotto nuove tempistiche e modalità di attestazione del mantenimento degli equilibri di bilancio.

Allo scopo di osservare l’andamento della gestione dal punto di vista della salvaguardia nel tempo dell’equilibrio economico finanziario, l’articolo 193 Tuel individua un processo obbligatorio che tutti gli Enti locali devono svolgere secondo le tempistiche proprie del regolamento di contabilità e comunque almeno una volta l’anno entro il 31 luglio, secondo il quale il Consiglio comunale provvede con proprio atto ad attestare il rispetto del principio del pareggio finanziario e di tutti gli equilibri a cui il bilancio è sottoposto o, in caso in caso di accertamento negativo, ad adottare, contestualmente:

a) le misure necessarie a ripristinare il pareggio qualora i dati della gestione finanziaria facciano prevedere un disavanzo, di gestione o di amministrazione, per squilibrio della gestione di competenza, di cassa ovvero della gestione dei residui;

b) i provvedimenti per il ripiano degli eventuali debiti di cui all’articolo 194;

c) le iniziative necessarie ad adeguare il fondo crediti di dubbia esigibilità accantonato nel risultato di amministrazione in caso di gravi squilibri riguardanti la gestione dei residui.

Il terzo comma del sopra richiamato articolo 193 Tuel, dà facoltà di utilizzare, ai fini del mantenimento degli equilibri di bilancio, per l’anno in corso e per i due successivi, possibili economie di spesa e tutte le entrate, ad eccezione di quelle provenienti dall'assunzione di prestiti e di quelle con specifico vincolo di destinazione, nonché i proventi derivanti da alienazione di beni patrimoniali disponibili e da altre entrate in c/capitale con riferimento a squilibri di parte capitale. Ove non possa provvedersi con le modalità sopra indicate è possibile impiegare la quota libera del risultato di amministrazione.

E’ da sottolineare come la mancata approvazione della deliberazione sulla salvaguardia degli equilibri di bilancio è equiparata ad ogni effetto di legge alla mancata approvazione del bilancio di previsione di cui all’articolo 141 Tuel, con applicazione della procedura di scioglimento del Consiglio.

L’equilibrio di bilancio comporta la corretta applicazione di tutti gli altri equilibri finanziari, economici e patrimoniali da verificare non solo in sede di previsione, ma anche durante la gestione in concomitanza con la contabilizzazione delle operazioni aziendali, e dunque in sede di rendicontazione che evidenzia il risultato complessivo della passata gestione, da verificare sulla base dei prospetti ufficiali allegati al decreto legislativo n. 118/2011 (allegato 9 per il bilancio di previsione e allegato 10 per il rendiconto di gestione); il primo dei due prospetti ha orizzonte temporale di anni tre, il secondo di anni uno.

 

Gli equilibri finanziari a seguito delle novità introdotte dal decreto ministeriale 1° agosto 2019

Il quadro normativo in tema di equilibri risulta ampliato a seguito dell’emanazione del Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze in data 1° agosto 2019 che, in conformità agli articoli 3, comma 6 e 11, del decreto legislativo n. 118/2011, ha modificato il principio contabile applicato 4/2, modificando il prospetto degli equilibri a rendiconto con l’inserimento di nuove voci.

A livello preventivo il rispetto degli equilibri è garantito “unicamente” dall’uguaglianza tra le Entrate e le Spese (queste ultime comprensive anche gli accantonamenti e i prospetti degli equilibri a preventivo che non hanno subito modifiche sostanziali). In sede di rendiconto, al contrario, il prospetto degli equilibri presenta una struttura a scalare che, distintamente per la gestione corrente e in conto capitale come da tradizione, evidenzia tre grandezze: 1) risultato di competenza; 2) l’equilibrio di bilancio; 3) l’equilibrio complessivo.

Dal risultato di competenza si arriva all’equilibrio di bilancio sottraendo gli stanziamenti definitivi di bilancio relativi agli accantonamenti e alle risorse vincolate accertate nell’esercizio ma non impegnate. Dall’equilibrio di bilancio si giunge all’equilibrio complessivo sommando o sottraendo le variazioni (positive o negative) degli accantonamenti disposte in sede di rendiconto.

Detto decreto ministeriale ha articolato, in particolare, il risultato finale di competenza in tre saldi che consentono di determinare l’equilibrio di bilancio a consuntivo:

- L’EQUILIBRIO FINALE, (O RISULTATO DI COMPETENZA) - W1. Rappresenta l’equilibrio tradizionale dato dalla differenza fra tutte le entrate di bilancio, compresi quindi avanzo di amministrazione applicato e fondo pluriennale vincolato, e tutte le spese di bilancio, compreso l’eventuale disavanzo di esercizio, il disavanzo da debito autorizzato e non contratto ripianato con accensione di prestiti ed il Fondo Pluriennale Vincolato (FPV) distinto nelle sue tre tipologie. Tale equilibrio deve essere assicurato a livello di stanziamento per cui nella voce “utilizzo avanzo di amministrazione” va inserito l’importo dell’avanzo applicato a bilancio in corso d’esercizio e non l’ammontare impegnato a consuntivo. Un esempio numerico chiarirà l’idea. Se l’avanzo applicato è complessivamente pari a € 5.000, mentre a consuntivo gli impegni di spesa da esso finanziati ammontano a € 4.750, l’importo da indicare è € 5.000, ovvero l’importo stanziato in sede di previsione o per effetto di successive variazioni di bilancio.

L’EQUILIBRIO DI BILANCIO - W2. Corrisponde al dettaglio analitico delle risorse stanziate a bilancio e accantonate/vincolate nel risultato di amministrazione, (per es. FCDE, fondo rischi contenzioso, indennità fine mandato, rinnovi contrattuali ecc.).

L’EQUILIBRIO COMPLESSIVO - W3. Attiene alle voci che compongono il risultato di amministrazione comprendenti gli accantonamenti a vario titolo effettuati nel rispetto del principio di prudenza in aggiunta a quelli stanziati a bilancio e loro variazioni, in aumento o in diminuzione, a fronte di eventi verificatisi dopo il termine ultimo per adottare variazioni di bilancio.

In sostanza adempie ad una importante funzione consistente nel rendere reali i risultati di gestione a seguito delle possibili variazioni che gli accantonamenti (quote vincolate e accantonate del risultato presunto di amministrazione dell’esercizio precedente, FCDE, Fondo rischi, ecc.) possono subire a seguito di fatti verificatosi nell’arco di tempo intercorrente dalla chiusura dell’esercizio alla data dell’approvazione del rendiconto di gestione dell’esercizio di riferimento o successivamente ai termini previsti per le variazioni di bilancio.

Pertanto, fermo restando l’obbligo di conseguire un equilibrio finale, (W1), non negativo, ai fini del rispetto degli equilibri di cui al comma 821 dell’articolo 1 della legge n. 145/2018, gli enti devono tendere al rispetto dell’equilibrio di bilancio, (W2) in quanto tale condizione rappresenta l’effettiva capacità di garantire, anche a consuntivo, la copertura integrale degli impegni, l’eventuale ripiano del disavanzo nonché dei vincoli di destinazione e gli accantonamenti di bilancio.

Pertanto, già in fase previsionale, il vincolo di finanza pubblica coinciderà con gli equilibri ordinari, secondo la disciplina contabile armonizzata (di cui al decreto legislativo n. 118/2011) e le disposizioni del Tuel, senza l’ulteriore limite fissato dal saldo finale di competenza non negativo. Gli enti, infatti, si considerano “in equilibrio in presenza di un risultato di competenza non negativo”, desunto “dal prospetto della verifica degli equilibri allegato al rendiconto”.

La compilazione del prospetto “Verifica degli equilibri” per il rendiconto 2019 non era obbligatoria, avendo solo scopi conoscitivi. E’ divenuto operativo solo dal rendiconto 2020 con lo scopo di verificare il rispetto dell’obbligo di avere il bilancio in equilibrio sancito dal comma 821 della legge n. 145/2018 dopo l’abolizione del cosiddetto “pareggio di bilancio” con decorrenza 01/01/2019.

Le Sezioni Riunite della Corte dei Conti (Deliberazione n. 20 del 17 dicembre 2019) hanno ripercorso il quadro normativo in tema di equilibri ulteriormente ampliato a seguito del recente decreto del Ministero dell’economia e delle finanze 1° agosto 2019 che ha articolato il risultato finale di competenza, che ogni ente territoriale deve dimostrare di aver conseguito al termine dell’esercizio, ai sensi del citato comma 821, evidenziato in tre distinti equilibri (“risultato di competenza”, “equilibrio di bilancio”, “equilibrio complessivo”).

Il primo (“risultato di competenza”) non presenta elementi di novità rispetto al risultato palesato dal medesimo prospetto anteriormente al citato D.M. 1° agosto 2019 (accertamenti meno impegni, al lordo di fondo pluriennale vincolato e degli importi applicati del risultato di amministrazione); il secondo tiene conto anche dell’importo degli stanziamenti definitivi a titolo di accantonamenti e vincoli, rilevabili dal bilancio dell’esercizio di riferimento (“equilibrio di bilancio”); il terzo espone le variazioni (positive o negative) che hanno registrato gli accantonamenti dal momento della chiusura dell’esercizio a quello dell’approvazione del rendiconto (“equilibrio complessivo”).

Il Collegio evidenzia “la disciplina prevista dal comma 821 della legge n. 145 del 2018 attribuisce valore giuridico, pur in assenza allo stato di specifiche sanzioni, al conseguimento di un “equilibrio finanziario complessivo di competenza” anche in sede di rendiconto consuntivo, in modo simmetrico e speculare a quello da rispettare in sede di approvazione del bilancio di previsione e nel corso dell’esercizio, come reso evidente dalle poste inserite nel prospetto richiamato dalla norma, contenuto nell’Allegato n. 10 al D.Lgs. n. 118 del 2011”(cfr. Corte dei Conti Abruzzo, Sezione di controllo, Deliberazione n. 274 del 16/07/2021).

A seguito di quesito posto da diversi comuni in merito al rispetto degli equilibri ai sensi dell’art. 1 comma 820 e 821, della legge n. 145/2018, per il quale gli enti territoriali si considerano in equilibrio in presenza di un “risultato di competenza dell'esercizio non negativo”, alla luce del decreto del ministero dell'economia e finanze del 1° agosto 2019, in data 11 dicembre 2019 l’interpellata ARCONET così si è espressa:

“Premesso che a legislazione vigente non sono previste specifiche sanzioni in merito al mancato rispetto, in merito al quesito posto, si rappresenta che, il Risultato di competenza (W1) e l’Equilibrio di bilancio (W2) sono stati individuati per rappresentare gli equilibri che dipendono dalla gestione del bilancio, mentre l’Equilibrio complessivo (W3) svolge la funzione di rappresentare gli effetti della gestione complessiva dell’esercizio e la relazione con il risultato di amministrazione.

Pertanto, fermo restando l’obbligo di conseguire un Risultato di competenza (W1) non negativo, gli enti devono tendere al rispetto dell’Equilibrio di bilancio (W2) che rappresenta l’effettiva capacità dell’ente di garantire, anche a consuntivo, la copertura integrale, oltre che agli impegni e al ripiano del disavanzo, anche ai vincoli di destinazione e agli accantonamenti di bilancio”.

 

Equilibri di bilancio - Controllo

Prima di trattare del controllo degli equilibri di bilancio, è opportuno soffermarsi, seppur succintamente, sul concetto di equilibrio bilancio.

Premesso che il contesto socio-economico nel quale l’Ente opera si caratterizza per reciprocità con l’ambiente circostante basate su acquisizione di beni e/o servi contro cessione di denaro, è indubitabile che una sufficiente disponibilità di numerario rappresenta una condizione indispensabile affinché la pubblica Amministrazione possa rendere ai cittadini i servizi istituzionali che deve garantire per legge ed onorare nei tempi gli impegni assunti.

Possiamo, dunque, definire l’equilibrio finanziario come la capacità dell’Ente di disporre, in ogni istante, delle masse monetarie per far fronte agli obblighi di pagamento.

Sotto questo aspetto l’equilibrio finanziario rappresenta la condizione dinamica di una armonica composizione, nel tempo, tra afflussi e deflussi di risorse finanziarie, che devono essere in grado di coprire le spese.

Fatta questa premessa, il controllo sugli equilibri finanziari è svolto sotto la direzione ed il coordinamento del Responsabile del Servizio finanziario e mediante la vigilanza dell’Organo di Revisione, prevedendo il coinvolgimento attivo degli organi di governo, del Segretario Comunale e dei Dirigenti/Responsabili dell’Ente, secondo le rispettive competenze e responsabilità.

Nell’esercizio del controllo sugli equilibri di bilancio, il Responsabile del servizio finanziario può chiedere informazioni, attestazioni e documentazioni direttamente agli Amministratori, al Segretario Comunale ed ai Dirigenti/Funzionari Responsabili dei Servizi, nonché agli Amministratori, Sindaci e Revisori delle Società, Aziende ed Organismi direttamente partecipate dall’Ente, indipendentemente dalla quota di partecipazione.

Dopodiché analizza ed aggrega le informazioni ricevute e, sulla base delle rilevazioni di contabilità generale finanziaria, provvede a:

a) verificare gli equilibri di bilancio, anche sulla base delle risultanze del monitoraggio periodico sugli Organismi partecipati, proponendo le misure necessarie a ripristinare il pareggio, qualora i dati della gestione finanziaria facciano prevedere un disavanzo di amministrazione o di gestione - per squilibrio della gestione di competenza, di cassa, ovvero della gestione dei residui - nonché le misure opportune per rispettare i vincoli di finanza pubblica;

b) in caso di gravi squilibri riguardanti la gestione dei residui, adottare le iniziative necessarie ad adeguare il Fondo crediti di dubbia esigibilità accantonato nel risultato di amministrazione;

c) istruire i provvedimenti necessari per il ripiano degli eventuali debiti fuori bilancio, sulla base di apposite relazioni tecniche formulate dai Dirigenti/Responsabili assegnatari della relativa spesa.

In sede di salvaguardia degli equilibri di bilancio e di assestamento generale sono assunte, ai sensi del principio contabile n. 16, le eventuali deliberazioni di variazione al bilancio di previsione conseguenti:

1) alla verifica del conseguimento del saldo positivo dell’equilibrio di parte corrente dell’esercizio in corso in termini di competenza finanziaria;

2) all’eventuale disavanzo rilevato nell’ultimo esercizio in sede di rendiconto;

3) agli esiti della verifica della coerenza degli accertamenti delle entrate di cui alla lettera c) e della riduzione degli impegni correnti di cui alla lettera c), realizzate nell’esercizio in corso, alle previsioni di ciascun esercizio considerato nel bilancio di previsione.

In detta sede è necessario, infine, dare atto del rispetto degli equilibri di bilancio per la gestione di competenza e la gestione di cassa, per ciascuna delle annualità contemplate dal bilancio.

Tra le verifiche è opportuno che il Responsabile del servizio finanziario proceda a:

a) monitorare le entrate non ricorrenti, i cui accertamenti (o le previsioni di accertamento) non devono essere inferiori agli impegni delle spese non ricorrenti (o delle previsioni di impegno); le entrate correnti che non garantiscono accertamenti costanti negli esercizi, costituendo entrate straordinarie, sono destinate al finanziamento di investimenti e, pertanto, escluse dal calcolo dell’equilibrio di parte corrente;

b) analizzare il fondo pluriennale vincolato al fine di constatare l’esigibilità della spesa in ragione dello stato d’avanzamento dei lavori;

c) valutare i residui passivi ed attivi, e l’influenza che quest’ultimi possono apportare al fondo crediti di dubbia esigibilità;

d) verificare la gestione della società partecipate/controllate e dei riflessi che possono produrre sul bilancio dell’ente locale per l’attivazione degli eventuali accantonamenti ai fondi indicati dall’art. 21 del D.lgs n. 175/2016;

e) verificare gli altri accantonamenti, come il fondo garanzia debiti commerciali, fondi rischi contenzioso, fondo perdite società partecipate, fondo rinnovo contratto lavoro dipendenti e segretari, fondo indennità fine mandati sindaco e altri fondi rischi ed oneri futuri.

Una verifica costante e rigorosa degli equilibri generali di bilancio risulta indispensabile per certificare una buona situazione “economico-finanziaria” sollevando l’Ente locale da responsabilità amministrativo-contabile per una gestione contabile irregolare.

 

Equilibrio finanziario di parte corrente

Ogni Ente locale, per erogare servizi alla collettività, sostiene spese di funzionamento a carattere continuativo (acquisto di beni e servizi, pagamento del personale, rimborso dei mutui in ammortamento, etc.) che, nel rispetto dei principi di una sana e corretta gestione finanziaria, trovano copertura nelle entrate di carattere ordinario, evitando il ricorso a mezzi straordinari.

Ogni spesa deve essere, quindi, impegnata e realizzata senza compromettere il generale principio di equilibrio del bilancio di esercizio; come chiaramente espresso dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 184/2016), “è bene ricordare che la copertura economica delle spese ed equilibrio di bilancio sono due facce della stessa medaglia, dal momento che l’equilibrio presuppone che ogni intervento programmato sia sorretto dalla previa individuazione delle pertinenti risorse”.

Il “Principio contabile applicato concernente la programmazione di bilancio” (Allegato n. 4/1), dedica il paragrafo 9.10 agli equilibri di bilancio imposti dall’articolo 162 del Tuel di cui si è già detto, chiarisce che il bilancio di previsione, oltre ad essere deliberato in pareggio finanziario di competenza tra tutte le entrate e le spese, comprensivo dell’utilizzo dell’avanzo di amministrazione o del recupero del disavanzo di amministrazione e degli utilizzi del fondo pluriennale vincolato, nonché a garantire un fondo di cassa finale non negativo.

Inoltre, deve prevedere l’equilibrio di parte corrente in termini di competenza finanziaria tra le spese correnti, incrementate dalle spese per trasferimenti in conto capitale e dalle quote di capitale delle rate di ammortamento dei mutui e degli altri prestiti (con l’esclusione dei rimborsi anticipati), e le entrate correnti, costituite dai primi tre titoli dell’entrata, incrementate dai contributi destinati al rimborso dei prestiti, dal fondo pluriennale vincolato di parte corrente e dall’utilizzo dell’avanzo di competenza di parte corrente e non possono avere altra forma di finanziamento, salvo le eccezioni tassativamente indicate nel principio applicato alla contabilità finanziaria necessarie a garantire elementi di flessibilità degli equilibri di bilancio ai fini del rispetto del principio dell’integrità.

Alla composizione dell’equilibrio di parte corrente concorrono, inoltre, le voci che, per speciale disposizione di legge o dei principi contabili, in tutto o in parte, sono destinate ad investimenti o a spese correnti, pur se derivanti da iscrizioni in bilancio non coerenti con la concreta destinazione della spesa, definendo così il concetto di “gestione di parte corrente allargata”.

 

Equilibrio finanziario di parte capitale

Il bilancio di previsione deve garantire, oltre l’equilibrio finanziario di parte corrente, anche l’equilibrio in conto capitale in termini di competenza finanziaria, tra le spese di investimento (riferite essenzialmente sia alle opere pubbliche che tutte le altre spese che rappresentano costi pluriennali, così come definite dall’articolo 3, comma 18, della legge 24 dicembre 2003, n. 350) e tutte le risorse acquisite per il loro finanziamento, costituite dalle entrate in conto capitale di cui al paragrafo 5.4 del principio contabile applicato alla contabilità finanziaria (titolo IV), dall’accensione di prestiti e mutui (titolo VI), dal fondo pluriennale vincolato di entrata in c/capitale, dall’utilizzo dell’avanzo di competenza in c/capitale, da una parte del margine corrente positivo (avanzo di parte corrente), entrate da riduzioni di attività finanziarie (titolo V) al netto delle spese impegnate al titolo III della spesa per incremento di attività finanziarie, e da quelle risorse di parte corrente destinate agli investimenti dalla legge o dai principi contabili.

Inoltre le entrate correnti che non hanno un regolare accertamento negli esercizi finanziari, sono considerate straordinarie e, come tali, finanziano spese di investimento e di conseguenza vanno escluse dal calcolo dell’equilibrio di parte corrente.

Ovviamente, un avanzo di parte corrente, cioè un importo maggiore di zero dell’equilibrio finanziario di parte corrente (detto anche “margine corrente positivo”) deve essere destinato al finanziamento degli investimenti (solo per gli esercizi successivi, compresi nel bilancio di previsione non oltre cinque esercizi a decorrere dall’esercizio in corso, ma solo per la parte indicata come consolidata), eccezion fatta se l’Ente si trovi in disavanzo di amministrazione negli ultimi due esercizi o in disavanzo di amministrazione risultante dall’ultimo esercizio rendicontato e di disavanzo presunto nel precedente esercizio, o nel caso in cui il più vetusto degli ultimi due esercizi non sia stato rendicontato.

Le spese d’investimento previste dal citato articolo 3, comma 18, della legge n. 350/2003, devono avere copertura finanziaria fin dall’inizio dell’attivazione del primo impegno, con riferimento all’importo complessivo della spesa dell’investimento. Il finanziamento degli investimenti per l’esercizio in corso di gestione può avvenire nei modi seguenti:

- entrate accertate in conto capitale (proventi da alienazioni, trasferimenti in conto capitale, proventi dai permessi di costruire, proventi da monetizzazioni, ecc.);

- entrate accertate da riduzioni di attività finanziarie, al netto delle spese impegnate per incremento di attività finanziarie);

- entrate accertate e derivanti da accensione di prestiti e mutui;

- fondo pluriennale vincolato di entrata di cui al paragrafo 5.4 del principio contabile applicato concernente la contabilità finanziaria;

- margine corrente positivo (avanzo di parte corrente);

- avanzo di amministrazione accertato, a seguito dell’approvazione del conto consuntivo dell’esercizio precedente.

La quota libera dell’avanzo di amministrazione può essere utilizzata per il finanziamento degli investimenti, purché sia rispettato il seguente ordine di priorità:

1) per la copertura dei debiti fuori bilancio;

2) per i provvedimenti necessari per la salvaguardia degli equilibri di bilancio di cui all’articolo 193 del Tuel ove non possa provvedersi con mezzi ordinari;

3) per il finanziamento di spese di investimento; 4) per il finanziamento delle spese correnti a carattere non permanente; 5) per l’estinzione anticipata dei prestiti.

Sono escluse altre forme di copertura degli investimenti, come le entrate accertate e imputate a esercizi successivi a quello in corso di gestione, quali i permessi di costruire, in considerazione dell’incertezza che gli accertamenti imputati a esercizi futuri possano tradursi in effettive risorse disponibili per l’ente.

Oltre alle fonti di finanziamento sopra indicate, nel rispetto del principio contabile generale n. 9 della prudenza, sono definite dal principio contabile generale della competenza finanziaria le seguenti ulteriori modalità:

- quota del margine corrente di competenza finanziaria dell’equilibrio di parte corrente, non superiore all’importo che può considerarsi consolidato (decreti ministeriali MEF 1° dicembre 2015 e 1° agosto 2019). In caso di disavanzo di amministrazione negli ultimi due esercizi, la quota del “margine corrente positivo non può essere utilizzata a finanziamento di investimenti;

- quota del margine corrente costituita dal 50% delle previsioni riguardanti l’incremento di gettito derivante dall’applicazione di nuove o maggiori aliquote fiscali o derivanti dalla maggiorazione di oneri concessori e sanzioni, formalmente deliberate, stanziate nel bilancio di previsione e non accertate negli ultimi tre esercizi rendicontati, al netto del FCDE, non comprese nella quota consolidata del margine corrente di cui al precedente punto;

- quota del margine corrente costituita da riduzioni permanenti della spesa corrente, realizzate nell’esercizio in corso e risultanti da un titolo giuridico perfezionato, non compresa nella quota del margine corrente consolidata.

Per ciò che concerne il margine corrente, occorre considerare solo la quota consolidata, cioè di importo non superiore al minor valore tra:

1) la media dei margini di parte corrente in termini di competenza negli ultimi tre rendiconti, se positivi, determinati al netto dell’applicazione dell’avanzo di amministrazione e dell’accertamento di entrate non ricorrenti che non hanno dato copertura a impegni di spesa;

2) la media dei saldi di parte corrente in termini di cassa negli ultimi tre rendiconti, se positivi, determinati al netto dell’utilizzo del fondo cassa e degli incassi di entrate non ricorrenti che non hanno dato copertura a pagamenti.

In questi casi è indispensabile che l’Ente locale non abbia accertato un disavanzo di amministrazione in entrambi i due ultimi esercizi.

Con riferimento al bilancio di previsione oltre l’esercizio corrente, ma non oltre il quinto compreso quello in corso, costituisce copertura degli investimenti il 60% della media degli incassi in c/competenza delle entrate derivanti dagli oneri di urbanizzazione e, nei casi previsti dalla legislazione regionale, dalle monetizzazioni di standard urbanistici al netto della relativa quota del FCDE, degli ultimi 5 esercizi rendicontati, garantendo la destinazione degli investimenti prevista dalla legge.

Inoltre, il 50% delle previsioni delle maggiori entrate correnti derivanti dall’applicazione di nuove o maggiori aliquote fiscali a carattere permanente, o derivanti dalla maggiorazione di oneri concessori e sanzioni possono essere destinate ad incrementare la previsione del margine corrente destinato agli investimenti, allegato al bilancio di previsione.

Infine, le riduzioni permanenti di spese correnti possono essere destinate ad incrementare il margine corrente destinato agli investimenti. In tali casi, l’intero incremento del margine corrente può costituire copertura di impegni riguardanti spese di investimenti imputati agli esercizi considerati nel bilancio, successivi a quello in corso di gestione, a condizione che la riduzione della spesa corrente sia già realizzata, risulti da un titolo giuridico perfezionato e non risulti da uno degli ultimi tre esercizi rendicontati.

In ultimo, seppur sinteticamente, è importante evidenziare l’impatto che il PNRR esercita sugli equilibri di bilancio.

A tal fine, con Faq n. 48 del 16/12/2021, Arconet ha fornito utili chiarimenti sugli interventi di semplificazione e flessibilità per la contabilità degli enti locali previsti dalle norme per l’attuazione del PNRR di cui all’art. 15, comma 4 del decreto legge n. 77 del 31 maggio 2021.

Gli enti possono, infatti, accertare le risorse del PNRR sulla base della formale deliberazione di riparto o assegnazione del contributo a proprio favore, senza dover attendere l’impegno dell’amministrazione erogante, con imputazione agli esercizi di esigibilità previsti nel cronoprogramma delle spese oggetto del finanziamento.

Pertanto, alla fine dell’esercizio, nelle more del perfezionamento delle obbligazioni di spesa, le risorse accertate confluiscono nel risultato di amministrazione e, trattandosi di risorse vincolate, possono essere applicate al bilancio di previsione del triennio successivo.

L’utilizzo di tali risorse è consentito anche agli enti in disavanzo in deroga ai limiti previsti dall’art. 1, commi 897 e 898, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (art. 15, comma 3, del decreto-legge n. 77 del 2021). Per le risorse del PNRR trattandosi di entrate vincolate, gli enti possono variare il bilancio fino al 31 dicembre per iscrivere nuove o maggiori entrate, stanziare i correlati programmi di spesa e procedere con l’accertamento delle relative entrate (art. 175, comma 3, lettera a) del Tuel e art. 51, comma 6, lettera a) del D.Lgs. n. 118 del 2011).

Dal 2021 al 2026, gli enti locali possono variare il bilancio anche nel corso dell’esercizio provvisorio o della gestione provvisoria per iscrivere in bilancio i finanziamenti di derivazione statale ed europea per investimenti (art. 15, comma 4-bis, del decreto-legge n. 77/2021).

Inoltre, allo scopo di favorire il tempestivo avvio ed esecuzione dei progetti PNRR, nell’ambito delle risorse disponibili, le amministrazioni centrali titolari degli interventi PNRR possono chiedere anticipazioni da destinare ai soggetti attuatori, che le contabilizzano come trasferimenti di risorse del PNRR. Per gli enti territoriali le anticipazioni sono trasferimenti di risorse per la realizzazione tempestiva degli interventi PNRR erogati anticipatamente rispetto alle scadenze previste dalle assegnazioni formali, da contabilizzare come trasferimenti (non sono anticipazioni di liquidità). Se l’ente riceve anticipazioni di risorse già accertate sulla base delle assegnazioni con imputazione ad esercizi successivi, deve reimputare l’accertamento già registrato all’esercizio in cui riceve l’anticipo.

 

Il problema dei vincoli di cassa

Al precedente paragrafo sub 3) abbiamo detto che l’equilibrio finanziario è stato definito come la capacità dell’Ente pubblico di ottimizzare, in una certa data, i flussi di cassa in entrata, a copertura di tutti flussi di cassa in uscita, mettendo al riparo l’Ente pubblico da eventuali situazioni di squilibrio finanziario che, in casi più gravi, può condurre l’Amministrazione al ricorso del piano di riequilibrio finanziario pluriennale o addirittura al dissesto finanziario.

Proprio per questi motivi è di fondamentale importanza per l’Ente pubblico monitorare la situazione di cassa per evitare che l’Ente si trovi in una crisi di liquidità che non consenta il pagamento delle spese, con tutte le conseguenze evidenziate.

Fatta questa breve premessa, il bilancio di cassa, dopo la sua abolizione, avvenuta con il Decreto Legislativo n. 25 febbraio 1995, n. 77, integrato e corretto dal Decreto Legislativo 11 giugno 1996, n. 336, giustificata dal fatto che la gestione delle previsioni di cassa abbia comportato notevoli difficoltà senza realizzare l’obiettivo di razionalizzare il controllo dei flussi finanziari, nonché la possibilità di seguire a livello centrale i flussi finanziari dell’intero settore pubblico mediante il regime della tesoreria unica ed il sistema di rilevazioni del Ministero del tesoro, vista la sua importanza, è stato reintrodotto dal nuovo ordinamento contabile di cui al D.Lgs. n. 118/2011 e s.m..

Detto anche di fatto o di gestione, il documento è di fondamentale importanza poiché considera tutte le entrate e le spese che si prevede saranno effettivamente riscosse o pagate nel corso dell’esercizio, sia che si riferiscano ad accertamenti o impegni propri dell’esercizio stesso, sia che riguardino quelli degli esercizi precedenti, il cui equilibrio concorre al raggiungimento del pareggio finanziario complessivo.

Considerato che le previsioni di cassa assumono carattere autorizzatorio, così come quelle di competenza, bisogna proiettare con la massima accuratezza i flussi in entrata e in uscita per ogni capitolo di bilancio, tenendo conto delle somme esigibili in competenza e nei residui. Inoltre, per le entrate con un certo grado d’inesigibilità, la previsione di cassa non potrà mai eccedere quanto mediamente si è riscosso negli ultimi esercizi (deliberazione 9/2016 della Sezione Autonomie della Corte dei conti). Per assicurare la costante liquidità necessaria al pagamento delle obbligazioni scadute, nella missione 20 “Fondi e accantonamenti”, all’interno del programma “Fondo di riserva”, gli Enti Locali sono tenuti a iscrivere un fondo di riserva di cassa non inferiore allo 0,2% del valore di cassa delle spese finali (primi tre titoli della spesa), il cui utilizzo è effettuato con deliberazioni dell’organo esecutivo (articolo 166, comma 2-quater del Tuel).

Lo scopo che il legislatore ha inteso perseguire con il principio del “vincolo di cassa” è di discernere tra le risorse che finanziano indistintamente le spese del bilancio e quelle che, al contrario, sostengono direttamente specifici interventi di spesa creando una relazione diretta tra la risorsa iscritta in bilancio e la spesa che da quella disponibilità viene sovvenzionata.

Infatti, la mancata distinzione tra le diverse tipologie di entrata può dar luogo all’utilizzo improprio di entrate aventi specifica destinazione (per legge, per regolamento, o altro) per sovvenzionare spese correnti, falsificando gli equilibri che occultano situazioni deficitarie o di insufficiente liquidità a causa della conservazione in bilancio di voci attive non realmente riscuotibili.

Per i motivi suddetti, la normativa che regola la materia introduce, per le entrate a specifica destinazione, un preciso obbligo di cassa, vale a dire nella ipotesi in cui una entrata corrente o di parte capitale abbia un legame diretto a specifiche voci di spese, essa finanzia, in deroga al principio di unicità del bilancio, non più indistintamente tutte le spese di bilancio, ma solo le voci di spesa cui è destinata, con la conseguenza che in ogni momento si avrà disponibilità di cassa a copertura finanziaria della spesa al tempo in cui dovrà essere liquidata.

Per completezza si aggiunge che l’art. 6, comma 6-octies del decreto-legge n. 60/2024, convertito dalla legge n. 95/2024, ponendo fine ai dubbi sorti a seguito della deliberazione n. 17/2023 della Sezione Autonomie della Corte dei conti riguardo l’incertezza su quali entrate presentino, oltre che vincoli di competenza, anche vincoli di cassa, ha definitivamente stabilito che:

la disciplina dei vincoli è stata limitata solo alle voci finanziate da mutui, prestiti e contributi/trasferimenti aventi una specifica destinazione, eliminando i vincoli di competenza imposti per legge (fatta eccezione per i vincoli di destinazione), per cui è necessario che gli Enti, procedano, come da Faq della Commissione Arconet n. 34/2019, al riallineamento della cassa vincolata alla data di entrata in vigore della nuova disciplina (7 luglio 2024), che dovrà contribuire, si spera, a risolvere l’annosa questione della gestione della cassa vincolata.

Analogamente, e con riguardo alla composizione del risultato contabile di amministrazione, il regime vincolistico di competenza si estende alla cassa solamente per le entrate riferite a mutui, a prestiti ed a contributi/trasferimenti aventi una specifica destinazione.

 

Responsabilità del servizio finanziario e del Revisore dei conti

In questa delicata ed importante fase un ruolo decisivo lo occupa il responsabile del servizio finanziario al quale compete il coordinamento e la gestione dell’attività finanziaria dell’Ente, assicurando il coordinamento dei processi di pianificazione, gestione e controllo contabile delle risorse economiche e finanziarie.

L’articolo 147-quinquies del Tuel affida a detta figura il compito di controllare gli equilibri finanziari e ad assumere ogni iniziativa necessaria a consentire la corretta determinazione della massa dei residui al fine di evitare partite contabili di incerta realizzazione che possano alterare il risultato contabile di amministrazione e pregiudicare gli equilibri economico finanziari del bilancio di competenza.

In questa procedura al responsabile del servizio finanziario è richiesta, in qualità di coordinatore e sovrintendente dell’attività degli altri responsabili dei servizi che dovranno porre in essere le opportune verifiche riguardanti il proprio settore, la massima diligenza nella conduzione delle operazioni.

In particolare, nello spirito di fattiva collaborazione con il suddetto responsabile, i vari responsabili dei singoli settori di settore dovranno formalmente comunicare, nei tempi previsti dal regolamento di contabilità, gli eventuali fatti che potrebbero compromettere gli equilibri di bilancio, soprattutto alla presenza di debiti fuori bilancio.

Inoltre, assicura il coordinamento dei processi di pianificazione, gestione e controllo contabile delle risorse economiche e finanziarie.

Nello specifico il Responsabile del servizio finanziario è preposto alla verifica:

a) di veridicità delle previsioni di entrata e di compatibilità delle previsioni di spesa, avanzate dai

vari uffici/servizi, da iscriversi nel Bilancio di previsione;

b) di sostenibilità finanziaria degli investimenti, anche in riferimento alle relative fonti di finanziamento;

c) dello stato di accertamento delle entrate e di impegno delle spese;

d) della salvaguardia degli equilibri finanziari complessivi della gestione;

e) del rispetto dei vincoli di finanza pubblica;

f) della regolare tenuta della contabilità economico-patrimoniale.

Esso coordina e vigila sul costante rispetto degli equilibri finanziari della gestione di competenza, dei residui, di cassa, garantisce l’attuazione del principio di competenza finanziaria potenziata sia in fase previsionale che di gestione e rendicontazione del Bilancio, supporta la definizione della politica tributaria e tariffaria dell’Ente.

Anche per il Revisore dei conti valgono le stesse osservazioni.

L’art. 193 del Tuel enuncia l’obbligo di verifica degli equilibri per i quali spetta all’organo di revisione esprimere parere sull’eventuale proposta di deliberazione di variazione da sottoporre al Consiglio. I responsabili dei servizi ed il responsabile del servizio finanziario dovranno formulare apposite relazioni sullo stato di attuazione degli accertamenti e degli impegni e sulla sussistenza di eventuali debiti fuori bilancio. Superando precedenti orientamenti interpretativi, si rappresenta che, richiedendo l’art. 239 Tuel un parere obbligatorio sulla verifica degli equilibri, anche in caso in cui la proposta di deliberazione dia atto del permanere degli equilibri generali di bilancio, e quindi non si traduca in una variazione dello stesso, è necessario il parere dell’Organo di revisione

Infatti, a detto organo l’articolo 239 Tuel impone l’obbligo di effettuare tutti i controlli e/o verifiche, per il preventivo rilascio del parere, in “funzione collaborativa” sulla proposta di riaccertamento dei residui, nell’osservanza dei principi contabili (allegato 4/2 del decreto legislativo n. 118/2011) e nel rispetto dei principi di vigilanza e controllo, formulando, ove ritenuto necessario, le proprie osservazioni in merito al mantenimento degli stessi (ad esempio, corretta indicazione degli importi riportati nel fondo pluriennale vincolato, mantenimento in bilancio di crediti e debiti scaduti ormai non più esigibili, ecc.).

 

Brevi riflessioni conclusive

Il perseguimento degli equilibri di bilancio è un obiettivo imprescindibile per una sana gestione dell’Ente locale la cui compromissione,  oltre a pregiudicare l’erogazione dei servizi essenziali alla cittadinanza amministrata, potrebbe condurre l’Ente alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale (articolo 243-bis del Tuel) o, nei casi più gravi, alla dichiarazione dello stato di dissesto finanziario (articoli 244 e seguenti Tuel). 

Una riscontrata crescita delle spese ad un ritmo superiore alle entrate, reiterata nel tempo, può accompagnare l’Ente locale a una crisi economico-finanziaria che potrebbe minare le condizioni di equilibrio finanziario.

Per prevenire dette situazioni, si suggerisce di mettere in atto le principali seguenti azioni:

1. monitorare la consistenza del fondo cassa: una costante e crescente diminuzione sta a significare che ragionevolmente l’Ente locale sorregge spese effettive con entrate solo apparenti;

2. controllare le procedure di acquisizione delle entrate da riscuotere con particolare riferimento alle fasi dell’accertamento, riscossione e revisione del mantenimento in tutto o in parte dei residui attivi, con eliminazione delle entrate inesigibili e dei crediti di dubbia o difficile esigibilità. Certificazione non certa o carente di crediti, porta inevitabilmente a un volume di entrate e residui attivi sovrastimati capace di falsare gli equilibri di bilanci e rendiconti solo formalmente in avanzi di amministrazione ma non effettivamente conseguiti, dimensionando la spesa su livelli non corrispondenti alla reale disponibilità di risorse monetarie;

3. verificare l’equilibrio finanziario di parte corrente mettendo a confronto le previsioni di competenza relative alle spese correnti sommate alle previsioni di competenza relative ai trasferimenti in c/capitale, al saldo negativo delle partite finanziarie e alle quote di capitale delle rate di ammortamento dei mutui e degli altri prestiti, con l’esclusione dei rimborsi anticipati, non possono essere complessivamente superiori alle previsioni di competenza dei primi tre titoli dell’entrata, ai contribuiti destinati al rimborso dei prestiti e all’utilizzo dell’avanzo di competenza di parte corrente e non possono avere altra forma di finanziamento, salvo le eccezioni tassativamente indicate nel principio contabile applicato alla contabilità finanziaria;

4. saggiare il corretto utilizzo di forme di indebitamento affinché non sovvenzionino spese correnti piuttosto che di investimento;

5. sorvegliare la ciclicità dell’utilizzo dell’anticipazione di tesoreria e la reale possibilità di ricostituirla in tempi brevi; in caso contrario, l’Ente trova difficoltà nella provvista di risorse per estinguere i prestiti a breve termine concessi.

Qualora questi principali “indicatori-spie”, o anche alcuni di essi ritenuti determinanti, evidenziassero delle criticità, significa che l’Ente versa in uno stato di “sofferenza finanziaria o monetaria”, anche se ciò non dovesse emergere dai documenti contabili (bilancio di previsione, rendiconto di gestione, ecc.), che solo formalmente si presentano in equilibrio.

Bibliografia

 

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  7. M. Castellani – Tra rendiconto 2019 e bilancio 2020-2022: i nuovi prospetti degli equilibri e il ritorno del doppio binario – Azienditalia 2/2020
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  10. F. Cuzzola – Gli equilibri di bilancio del Comune: un breve vademecum alla luce della giurisprudenza contabile – Bilancio e Tributi Locali / 5_2024